Ha voglia Mattarella a rivendicare i meriti italiani nella lotta al Covid. Sinistra e giornali colpiscono la Lombardia, nascondendo le proprie colpe.
Caro amico direttore, vedo che venerdì ci hai avvertiti molto bene sul destino del governatore Fontana e della sua giunta fatta oggetto di visite e sequestri ispirati a chissà quale legalità costituzionale. Vedo che Luigi Ferrarella è già sul pezzo. E vedo che la cosa si è ripetuta e si allarga ad altri componenti della giunta Fontana. Probabilmente si tratta di un’accelerazione che non ha nulla a che fare con il “voto di stabilità” delle regionali e referendum. E, comunque sia, saremo certamente istruiti al riguardo, e illuminati, dall’informazione lisciatrice di ermellini.
Per parte mia, posso solo dirti con precisione quando in qualche antro ai piani alti di Roma o, in subordine, di Milano, hanno deciso di andare all’attacco dei cittadini lombardi e dei loro rappresentanti eletti dal popolo in Regione.
Sono trent’anni che hanno il problema di prendersi il motore e la cassa della Lombardia. Con le buone o con le cattive. Con le elezioni o con i ribaltoni giudiziari. Per adesso conosciamo i mezzi di chi ha la forza ma non la ragione.
Dunque, quando è stato deciso l’alzo zero su Fontana&Co? Era la fine di febbraio e al primo manifestarsi del Covid, nei giorni topici di scatenamento della pandemia, come ha direttamente testimoniato al talk show di Lilli Gruber il virologo Andrea Crisanti, «il disastro è stato fatto in quella settimana lì, dopo il 20 febbraio, quando i politici dicevano “Milano non si ferma e facciamo ripartire l’economia”».
L’esatto istante in cui ieri sera il professor Crisanti ha rotto il giocattolo a Lilli “MaLaLombardia” Gruber.#ottoemezzo #Milanononsiferma #bergamononsiferma @BeppeSala @giorgio_gori pic.twitter.com/mtbpyAxoii— andrea pellegrini (@ap_elle) April 19, 2020
Non si scappa di qui: il disastro, secondo il virologo Crisanti, ha a che vedere con i comportamenti non responsabili e poco intelligenti del sindaco Beppe Sala e del segretario del Pd Nicola Zingaretti. Sono loro infatti che in quella fatidica settimana dopo il 20 febbraio, sono corsi a suggerire aperitivi e assembramenti a Milano all’insegna dei citati da Crisanti hashtag “Milano non si ferma e facciamo ripartire la Lombardia”.
Se quello che dice il virologo è vero – e in aggiunta se è vero come è vero che il governo Conte e i suoi commissari lasciano la Lombardia completamente scoperta a riguardo di dispositivi anticovid (mascherine, tamponi, camici ecce) dopo che fin dal 31 gennaio era stata dichiarata l’emergenza nazionale (e in caso di emergenza nazionale è il Governo non la Regione che decide i provvedimenti da prendere) -, beh non c’è niente come il mese di marzo che raccolga i frutti del combinato disposto dalla denuncia di Crisanti e l’impudenza antilombarda del governo romano.
Infatti sarà il marzo record di crisi sanitaria. Le notti lombarde sono squarciate dalle sirene di ambulanze. Code assurde ai Pronto Soccorso. Non ci sono più posti nelle terapie intensive. Decine di medici e operatori che cadono malati, ciononostante si sacrificano notte e giorno, a decine muoiono al fronte (per inciso: medici e infermieri che furono eroi sei mesi fa, adesso sono coperti di contumelie e denunce penali perché il governo non ha ritenuto opportuno scudarli con l’immunità nel momento della prova).
In Lombardia marzo segna il record di contagiati e di morti.
Il 27 marzo il sindaco di Milano chiede ufficialmente scusa in un videomessaggio ai cittadini «perché all’inizio ho sbagliato». Chiaro il riferimento, anche se non esplicito, agli aperitivi con Zingaretti e agli inviti a far “ripartire Milano” con gli inevitabili assembramenti e movimenti di masse verso i posti di lavoro. Così, anche chi scrive e cerca di non mancare mai all’appuntamento con le critiche all’operato del sindaco di Milano, ammette il beau geste e si congratula con Sala.
Mal ce ne incolse. Non passa neanche una settimana che si scatena la campagna anti Regione Lombardia. Prima contro l’assessore alla sanità Giulio Gallera. Poi direttamente al pesce grosso Attilio Fontana, quindi all’intera giunta di centrodestra. È una campagna che ha il suo epicentro a Milano (sono testimone in consiglio comunale e nelle commissioni di una valanga di interventi del Pd, ordini del giorno, mozioni, denunce organizzate contro il presunto massacro di vecchietti ordito dalla giunta lombarda fascio-leghista). Ma ovviamente si tratta di una campagna meditata. Così, diventa immediatamente nazional governativa. Perciò, se il ministro della Salute Roberto Speranza era venuto in Lombardia a fine febbraio per dire pubblicamente «non doveva capitare, ma per fortuna è capitato nella regione dove la sanità eccelle», adesso lo stesso ministro ha la faccia tosta di collegarsi a chi – grillini e Pd alla Majorino – chiede il commissariamento della Regione da parte del Governo.
Come al solito (era successo anche con Roberto Formigoni, stesso copione, stessa firma) il “la” all’assalto alla diligenza lombarda viene dalla prima pagina di Repubblica. Con il presunto scandalo Baggina denunciato da Gad Lerner (mentre faceva le valigie per transitare da Repubblica al Fatto Quotidiano) e punta l’indice contro «la sanità della regione leghista». Si scoprirà poi che la Baggina è in realtà controllata a maggioranza dal Comune di Milano (quindi giunta del Pd Sala), ma l’attacco alla Regione, complici i soliti grandi giornali e ovviamente l’organo delle Procure, andrà a testa bassa naturalmente contro il centrodestra che governa la Regione.
Di fatto, le scuse di Sala sembrano il segnale del palo dell’Ortica nella canzone di Jannacci. Passa neanche una settimana che scatta la furia politico giudiziaria contro la Lombardia a guida centrodestra. Attenzione, scatta nel bel mezzo dell’emergenza che è ancora in fase acuta e che registra lo scatenarsi della GdF nelle corsie delle Rsa proprio mentre gli anziani ospiti stanno lottando per sopravvivere al Covid. Il 26 aprile registriamo almeno 22 i fascicoli di indagine aperti dalle Procure in Lombardia – in primis quella di Milano – con l’ipotesi di reato di omicidio e epidemia colposa.
Seguono mesi di furiosa propaganda antileghista e antilombarda. Tanto che nel resto d’Italia si dà in pasto alla gente la sensazione che i lombardi, giustamente rappresentati dai politici che si meritano, sono degli untori, irresponsabili e menefreghisti che vanno in giro per il Paese a impestare gli altri poveri concittadini. Devono arrivare le risultanze della prima commissione d’inchiesta, guidata dal non sospettabile di simpatie di destra (e neanche di centro) ex procuratore Gherardo Colombo, uno dei protagonisti del mitico pool Mani Pulite, per azzittire la marea berciante.
Purtroppo, i risultati di questa inchiesta sui morti alla Baggina (che invece dei cattivi leghisti e berlusconiani lombardi mette piuttosto sotto accusa assenteismo e sindacati) giunge solo a luglio inoltrato. Ovvero nella stagione estiva inoltrata, quando gli italiani cominciano a respirare e hanno quindi altro per la testa che informarsi sui giornali di come sono andate infine le cose in Lombardia.
Dopo luglio viene agosto. Un po’ di vacanza? Neanche per sogno. Zingaretti riesce a spendere decine di milioni per camici che non sono mai arrivati a buon fine. Ma fa rumore solo l’inchiesta sui camici del cognato di Fontana, per i quali la Lombardia non ha speso neanche un cent e che comunque sono serviti a far fronte all’emergenza sanitaria (era marzo, non è che siamo scemi, lo sapevano tutti che razza di dramma c’era in giro e il signor commissario Arcuri ammetteva che neanche lui poteva farci un cazzo! Ops, scusate il linguaggio licenzioso, Arcuri ha ammesso solo che neanche le mascherine è riuscito a inviare in Lombardia).
Vabbè, passa agosto, qualcuno ci informa che Fontana ne ha piene le tasche, «se per governare bisogna farsi fare a pezzi tutta una vita e prima cosa la vita famigliare, quasi quasi mollo tutto e torno allo studio». Poi si convince che proprio per questo non deve mollare. Prima o poi la politica per via giudiziaria deve finire. E poi c’è lì il caso Palamara. Vuoi vedere che qualcosa cambia?
Niente da fare. Fontana tiene botta. Tanto quanto Palamara viene decisamente inviato al plotone d’esecuzione e, a quanto pare, insabbiato tutto il marciume a cui rimandano quelle sessantamila pagine di chat che rivelano come sono state costruite splendide carriere e, soprattutto, come sono stati nominati almeno 84 ruoli apicali negli uffici giudiziari. Da Roma a Milano. Da Palermo a Torino. Così, mentre il caso Palamara scompare all’orizzonte, la giostra mediatico-giudiziaria contro la Lombardia e la Lega riprende a girare.
Oggi si annuncia che Matteo Salvini verrà processato anche a Palermo per “sequestro di persona”. Qualcuno informi il presidente della Repubblica e Presidente del Csm. Ha ragione Boris Johnson, la Gran Bretagna è un paese della libertà. Mentre la “serietà” evocata da Sergio Mattarella sembra essere quella che passa alle prime ore del mattino. O è un’ambulanza o sono le Fiamme Gialle. Il malato è lo Stato di diritto. Il morto è la democrazia.
Ps: Faccio notare umilmente questo: un minuto dopo l’annuncio in conferenza stampa vaticana delle dimissioni del cardinale Angelo Becciu, il settimanale L’Espresso, stesso editore di Repubblica, twittava la copertina di “un’esclusiva” con le carte dello scandalo.
La nota umile è la seguente: il potentissimo ex capo della Anm Luca Palamara si “incidenta” perché pretende sottrarre la poltrona di capo procuratore di Roma alla sinistra del sindacato magistrati. La poltrona è quella dell’uscente ex capo procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Oggi presidente del Tribunale dello stato della Città del Vaticano. Ed editorialista di Repubblica.
Luigi Amicone
27 settembre 2020