In molte regioni la lista d’attesa è già arrivata a novembre. E medici e farmacisti litigano su dove fare l’iniezione.
L’ultima bordata alla campagna di vaccinazione contro l’influenza l’hanno tirata ieri i medici di famiglia, dicendo che le dosi sono troppo poche. La delicatissima operazione sanitaria che deve proteggere il maggior numero possibile di persone dalla malattia stagionale è partita in alcune regioni da un paio di giorni ma ha ancora una lunga serie di nodi da sciogliere, prima di tutto organizzativi. In certe zone ci sono difficoltà nell’approvvigionamento delle dosi e si teme di non riuscire a vaccinare tutti coloro che ne hanno bisogno, altrove invece si discute ancora su chi deve fare le iniezioni. Poi c’è il tema dei tempi. Quest’anno le richieste ai medici di famiglia sono in aumento, anche da parte di chi in passato non si vaccinava. E così già adesso vengono presi appuntamenti per fare l’iniezione a novembre. A breve ci sono da aspettarsi liste di attesa ancora più lunghe.
L’anno scorso in Italia sono stati somministrati 10 milioni di vaccini gratuiti a persone considerate fragili, cioè over 65 e cittadini colpiti da determinate patologie, e a chi lavora in attività sensibili, come i dipendenti della sanità. L’adesione alla campagna da parte degli anziani è stata piuttosto bassa: il 55%. Quest’anno c’è il coronavirus e si ritiene fondamentale la protezione dei singoli dall’influenza, che ha sintomi simili al Covid e può quindi essere confusa con questa patologia. Così si è deciso di coinvolgere un numero maggiore di cittadini rispetto agli anni passati. Per prima cosa è stata quindi abbassata a 60 anni l’età dei soggetti a rischio. E sono state ordinate circa 17,5 milioni di dosi. Non è stato facile chiudere le gare con le case farmaceutiche, perché in tutto il mondo c’è grande richiesta.
In Italia sono irca 15,5 milioni le persone di più di 60 anni e tra loro c’è la maggior parte di pazienti di malattie croniche e altri problemi che richiedono la vaccinazione. Anche se la copertura dovesse essere alta, non arriverà di certo al 100% ma, più probabilmente, si attesterà intorno al 70-80%. Silvestro Scotti, segretario del sindacato dei medici di famiglia Fimmg ha parlato di carenze e ritardi nella vaccinazione ma non è detto che la sua previsione sai giusta. Su scala nazionale infatti le scorte non sembrano basse. I problemi semmai ci sono a livello locale. A fronte di Regioni che hanno ordinato un gran numero di dosi, come il Lazio che ne ha prese 2,2 milioni, ce ne sono infatti alcune rimaste indietro. La Lombardia ne vorrebbe un milione in più: ne ha a disposizione 2,2 milioni anziché 3,2.
Visto che devono essere fatto molti più vaccini di prima, ci si organizza per la somministrazione. I medici di famiglia sono il punto di riferimento, ma alcune regioni hanno anche attivato le strutture delle aziende sanitarie. Il Lazio ha proposto di fare il vaccino nelle farmacie, tra enormi polemiche dei medici, e ha posto la questione al Comitato tecnico scientifico. L’altro ieri il Cts ha bocciato l’ipotesi ribadendo che quando si fa un vaccino deve esserci sempre un medico. Ma dalle farmacie è partita la prima polemica legata alla campagna vaccinale. I titolari da oltre un mese denunciano che quest’anno non ci sono dosi a pagamento per chi non è a rischio perché sono state comprate tutte le Regioni. Il ministero della Salute suggerisce alle amministrazioni locali di vaccinare gratuitamente questi cittadini quando avranno finito con quelli fragili.
Michele Bocci
La Repubblica
7 Ottobre 2020