La notizia del bambino cinese di 10 anni che ha fatto quattro chilometri a piedi per andare a scuola, a una temperatura di meno 9 gradi, è diventata un’immagine virale, pubblicata scorso anche in Italia, magari a tutta pagina, e sfruttata nei suoi aspetti più immediati: il freddo, il ghiaccio, le screpolature alle mani, i ghiaccioli sui capelli, le guance paonazze, insomma un esempio di chi fa il proprio dovere in condizioni di disagio, povertà, sofferenza.
En passant, s’insinuano in qualche articolo note sulla crescita economica della Cina, una crescita annuale spesso a due cifre. Il senso è: è giusto che cresca a due cifre un popolo i cui bambini fanno questi sforzi, dan prova di questa sopportazione? A me, che ho passato la vita a insegnare, la nota che mi sorprende di più è un’altra: quel giorno, per quel bambino, c’era compito in classe. E lui non voleva mancare.
Il compito in classe è un evento importante, fa vedere al tuo insegnante che cosa hai imparato, come migliori, dove sei forte. Ed è un documento: resta agli atti. Non so come vadano le cose in Cina, ma da noi i compiti vengono conservati e possono essere consultati, un compito è per sempre. Ragion per cui anche da noi gli studenti per fare il compito in classe affrontano freddo e gelo (o, altrove un solo a picco e chilometri e chilometri in percorsi aridi)? No, al contrario: nel giorno del compito in classe gli alunni deboli non vogliono che la loro debolezza venga misurata, che resti agli atti, perciò se trovano un minimo appiglio (e 9 gradi sotto zero sono appiglio formidabile), stanno a casa volentieri.
Per questo la notizia mi è sembrata mirabolante. E mi ha commosso. Per questo ne parlo. È questo che spiega, meglio di tanti altri ragionamenti, la crescita annuale a due cifre della grande Cina: questo bambino s’impegna come s’impegna il popolo a cui appartiene, ce la mette tutta, se lo Stato (il maestro, la famiglia, i parenti…) gli fan capire che una cosa va fatta, lui la fa. Possediamo una foto di questo ragazzino, in cui lui sta dritto in piedi, guance paonazze, orecchie rosse, occhi seri: un ometto di massimo affidamento. Nella foto non si vedono le mani, che si vedono però in un’altra foto, tutta per loro, in cui sono posate sui fogli di un quaderno, a dita aperte, e le dita sono straordinariamente grosse, come per una malattia. Sono i geloni. Nella camminata gli si son gelate le dita, a questo povero ragazzo. Le dita gelate si screpolano e tra i crepetti escono goccioline di sangue. Niente di grave, ma è molto patetico. Il sangue gela subito. È una caratteristica della mani dei bambini poveri, cioè senza guanti. Evidentemente, questo bambino ha marciato per 4 chilometri dalla poverissima capanna dove vive coi nonni (la madre è morta, il padre e lontano per poter lavorare) con le mani all’aperto, non in tasca. Per fare il compito in classe. Per non far mancare al maestro questo documento per la sua completa valutazione.
Nella zona dove vive questo bambino, gli abitanti guadagnano un dollaro al giorno. Sono sacche di arretratezza che lo Stato cinese si rassegna a non migliorare, chiama questi abitanti «lasciati indietro »: lo Stato corre ma non tutti i suoi abitanti corrono con esso, questi, compreso il bambino, sono lasciati indietro. E cosa devono fare? Quel che fa questo bambino: pagare 4 quel che gli altri pagano 1. Per gli altri andare a scuola è una camminata, per questo bambino è una traversata polare. Tutti i bambini devono procurarsi quell’1, non possono star fermi allo 0, perché con lo 0 non fai niente. Devono procurarsi 1 per lavorarlo e farlo diventare 2, questo è il senso della loro vita. Ora, è relativamente facile, o comunque possibile, passare da 1 a 2. È difficilissimo, pressoché impossibile, passare da 0 a 1. Io (che alle elementari abitavo in una casa senza pavimento, senza acqua, senza riscaldamento) m’ero fatto l’idea che quel che rende, in orale e nello scritto, un figlio che vive e studia in queste condizioni, al momento della valutazione (il voto) andrebbe moltiplicato per 2. Ma non è mai accaduto. Potrebbe accadere nella lontana e per noi ancora misteriosa Cina? A cominciare da questo bambino di ghiaccio? Dal compito in classe che ha fatto l’altro giorno?
Ferdinando Camon
Avvenire.it, 14 gennaio 2018