Nel 2017, sui 2,48 miliardi di cristiani nel mondo, in 215 milioni – ossia un cristiano su dodici – hanno subito un grado di persecuzione classificabile in “da forte a estremo”, secondo l’ONG protestante Portes Ouvertes [Porte Aperte, N.d.T.], che pubblica un indice mondiale delle persecuzioni dei cristiani. Approfondiamo.
«Il sangue dei martiri è seme di cristiani». Se l’anno 2017 vede la disfatta militare dell’Isis in Medio Oriente, esso testimonia ugualmente un ritorno di fiamma del nazionalismo religioso con una forte intolleranza verso le minoranze. A oggi, 215 milioni di cristiani sono gravemente perseguitati, nel mondo – vale a dire un cristiano su dodici –, stando all’ONG Portes Ouvertes e a quanto riporta nel suo indice mondiale delle persecuzioni, compilato ogni anno.
Nel dettaglio, tra questi 215 milioni di cristiani l’Asia (col Medio Oriente) rappresenta 113,31 milioni (53%), l’Africa 81,14 milioni (38%), l’America latina poco più di 20 milioni (9%) e il resto del mondo (Europa, Nordamerica e Oceania) circa 12mila cristiani (0,01%).
Almeno 3.066 cristiani sono stati uccisi per ragioni legate alla loro fede, contro i 1.207 dell’anno precedente. Questo individua un’impennata del 154% in un anno.
La relativa tregua constatata nell’indice del 2017 era dovuta all’attenuarsi delle attività di Boko Haram in Nigeria – sottolinea la Ong –.
Ciononostante gli omicidi sono ripresi, nel Paese, con le onde di attentati condotti dai Peul-Fulani, pesantemente armati, contro i cristiani della cintura centrale del Paese. Alcuni rapporti parlano di “pulizia etnica” (sulla base dell’appartenenza religiosa).
In parallelo, almeno 793 chiese sono state prese di mira, contro le 1.329 dell’anno precedente, e si evidenzia in ciò un calo del 40%. Naturalmente si tratta di cifre che descrivono unicamente i fatti verificati in modo certo.
I tre Paesi più violenti contro i cristiani sono il Pakistan, la Nigeria e il Centrafrica, indica ancora la Ong.
In Pakistan, come l’anno scorso, e senza considerare l’attentato contro la chiesa di Quetta nel dicembre 2017 (cade fuori dal periodo campionato), il Pakistan resta al primo posto della classifica, considerando unicamente il grado di violenza – specifica l’Indice nel dettaglio –. Ciò si spiega mediante gli attacchi regolari alle chiese (incendi, finestre rotte, interruzioni alla linea elettrica), i 700 casi l’anno di rapimenti, stupri o matrimoni forzati di donne cristiane e la frequenza di rivolte seguite a rumours di blasfemia.
Agnes Pinard Legry
11 gennaio 2018