La rotta mediterranea verso l’Italia è tornata il canale principale per gli immigrati clandestini e la maggioranza in Parlamento continua a prendere provvedimenti che facilitano l’arrivo di irregolari. La politica migratoria del governo è ormai una minaccia alla sicurezza nazionale.
Predica bene ma razzola malissimo. Nonostante molti esponenti del governo tra i quali il premier Giuseppe Conte e i ministri di Interni ed Esteri, Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio, abbiano più volte espresso la necessità di fermare i flussi di immigrati illegali, il loro esecutivo e la maggioranza che lo sostiene in Parlamento continuano ad annunciare e attuare provvedimenti che inducono i trafficanti a brindare.
Certo saranno in buona compagnia poiché con lo sbarco di oltre 33 mila clandestini giunti dal mare più quelli entrati dalla frontiera slovena il grande circo dei soccorsi e dell’accoglienza torna ad essere ingrassato coi soldi pubblici, arricchendo coop e associazioni vicine alla sinistra (anche cattolica) che potranno inoltre contare di nuovo sulle ricche diarie assicurate prima dei tagli imposti dal ministro Matteo Salvini nel precedente governo.
E’ soprattutto il PD a imporre l’agenda dei confini spalancati a chiunque paghi criminali, appoggiato da Liberi e Uguali e, con scarsa convinzione ma con una determinazione imposta dallo spirito di conservazione (della poltrona), da M5S: movimento che pure aveva fatto man bassa di voti nelle elezioni del marzo 2018 anche grazie allo slogan “zero sbarchi”.
Due emendamenti del PD al Decreto immigrazione in discussione in Parlamento rendono bene l’idea del programma politico che rischia di travolgere l’Italia.
Il primo riguarda la rimozione del tetto numerico annuale dei lavoratori stranieri accolti per lo più temporaneamente e per lavori stagionali, fissato da anni intorno alle 30 mila unità. Iniziativa che fa a pugni con la drammatica situazione del lavoro in Italia dove a un 10 per cento circa di disoccupati si unisce un milione di persone che hanno già perso il lavoro dall’inizio dell’emergenza Covid-19 e i due milioni che secondo alcune stime lo perderanno quando a fine marzo verrà tolto il blocco ai licenziamenti imposto dal governo.
Il secondo mira a rendere impossibile espellere migranti che si dichiarino gay e per questo perseguitati, misura diretta soprattutto a far restare in Italia i tunisini che rappresentano quasi il 40% degli sbarcati quest’anno e che sono di fatto gli unici migranti rimpatriabili a forza in virtù di un accordo tra Roma e Tunisi che consente di rimandarne a casa in aereo fino a 80 a settimana (di questo provvedimento parliamo a parte).
Se alle fughe in massa dai centri e alle difficoltà ad attuare i rimpatri in piena emergenza Covid si unisse la possibilità per ogni clandestino espellibile di dichiararsi gay (farebbe fede la sua sola dichiarazione come già avviene da anni per i falsi minori accolti in Italia e non passibili di espulsione grazie a un’altra legge voluta dal PD) anche i flussi dalla Tunisia subirebbero una nuova impennata. Non a caso l’emendamento proposto dal PD è già stato ampiamente pubblicizzato su siti e pubblicazioni tunisine.
A dare una mano ai fautori della soppressione dei confini nazionali è sceso in campo ancora una volta anche il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli (PD), che il 19 novembre non ha perso occasione per esaltare ancora una volta il ruolo delle Ong mentre ha scatenato polemiche l’intervento della giornalista Rai Angela Caponnetto (Rai News 24) in una diretta web con la Ong Rescue Med dalla nave Mare Jonio.
“Un ringraziamento a quelle poche forze dell’Ordine che ci hanno dato comunicazioni sottobanco, che stanno lavorando e continuano a lavorare assieme alle Ong per salvare vite umane, nonostante per loro sia molto più complicato perché hanno ordini diversi. Quindi ringrazio Guardia Costiera e Guardia di Finanza”, ha detto la giornalista del servizio pubblico ma vicina alle Ong,
Inevitabile la reazione delle opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia in testa, ma resta quanto meno sconcertante che un giornalista RAI possa esprimersi in questo modo e che ritenga encomiabile che membri delle forze dell’ordine lavorino per soggetti privati quali le Ong invece che per lo Stato.
La politica migratoria del governo costituisce quindi una palese e grave minaccia alla sicurezza nazionale anche in termini economici e di stabilità sociale, come dimostrano le cronache che giungono dal fronte delle migrazioni illegali
Il 20 novembre una ventina di tunisini è fuggito dalla nave quarantena Rhapsody: utilizzando una scala di corda i tunisini sono riusciti a calarsi dall’imbarcazione e solo in nove sono stati agguantati dalla polizia.
Lo stesso giorno ad Augusta sono sbarcati 199 che hanno terminato la quarantena a bordo della nave Suprema, dove rimangono ancora in isolamento 624 persone.
Arriverà invece domani a Pozzallo un’altra nave quarantena delle quattro in servizio per ospitare i clandestini (al costo complessivo di oltre 5 milioni di euro al mese solo per il noleggio delle navi), la Azzurra con a bordo 223 clandestini, tutti negativi al Covid, che verranno trasferiti in Toscana e Calabria.
Dei 117 clandestini positivi di nazionalità irachena, iraniana e afghana sbarcati il 19 novembre a Roccella Jonica, ben 93 sono risultati invece positivi.
Se non si può affermare che il coronavirus in Italia lo portino solo i migranti illegali è però un dato di fatto che il governo italiano, che confina gli abitanti di molte regioni, non dovrebbe sperperare risorse finanziarie e sanitarie per accogliere altri potenziali veicoli di contagio giunti da noi illegalmente dopo aver pagato criminali.
Inevitabile quindi che il frutto di tutti questi sforzi tesi a favorire l’immigrazione clandestina di massa sia così ben visibile da essere tangibile numericamente già dai dati forniti a settembre dall’agenzia europea Frontex.
Dati dai quali si evince che la rotta centrale del Mediterraneo è già tornata ad essere quella preferita dai traffici illegali, come dimostrano pure gli sbarchi in Sardegna non più di soli cittadini algerini ma anche di migranti illegali provenienti dal Sahel, elemento che induce a ipotizzare che sulle coste dell’Algeria Orientale possano venire dirottati parte dei traffici gestiti finora dalla Tripolitania libica o dalle coste marocchine verso la Spagna.
I trend dei flussi illegali emergono infatti chiaramente dall’esame delle rotte mediterranee.
Su quella orientale, dalla Turchia alla Grecia si sono 15.300 arrivi tra gennaio e settembre con un meno 74% rispetto al 2019 mentre su quella Occidentale, dal Marocco alla Spagna gli sbarchi sono stati 11mila, con un meno 40% rispetto al 2019 (La Spagna deve fare i conti anche con 18 mila sbarchi alle Canarie tra gennaio e novembre effettuati sulla rotta Atlantica).
Le uniche due rotte mediterranee che vedono i flussi in crescita quest’anno sono quelle che riguardano l’Italia.
Sulla rotta marittima centrale, da Libia, Tunisia e Algeria verso l‘Italia sono sbarcati in 24.400 sbarcati tra gennaio e settembre (altri 10 mila sono sbarcati negli ultimi 50 giorni), cioè il triplo rispetto al 2019 mentre sulla rotta terrestre dei Balcani Occidentali, dalla Bosnia verso gli Stati membri UE incluso il confine italo-sloveno sono stati contati 15.900 migranti illegali, il doppio rispetto al 2019.
Si è quindi completamente invertito il trend registrato durante il precedente governo italiano, quando nel 2018-19 al significativo calo dei flussi diretti in Italia corrispose un incremento dei migranti illegali diretti in Grecia e Spagna.
Grazie alle politiche varate dall’attuale governo in poco più di un anno l’Italia è tornata a essere la porta d’ingresso privilegiata dall’immigrazione clandestina via mare e via terra e il “bengodi” dei trafficanti.
Gianandrea Gaiani
Corriere della Sera
23 Novembre 2020