Il prossimo 27 gennaio è stato fissato dalla Consulta il giudizio di legittimità sul caso di una coppia omosessuale, sposata in Canada e che ha comprato un bambino tramite l’abominevole pratica dell’#uteroinaffitto.
Nel 2018 il commune di Verona aveva rifiutato di trascrivere l’atto anagrafico che certificava la nascita all’estero di quel bambino, ovvero di riconoscere entrambi gli uomini come genitori.
La coppia aveva fatto ricorso presso la Corte d’appello di Venezia, che lo aveva accolto, ma il ministero dell’Interno e il sindaco di Verona avevano successivamente impugnato la sentenza, finita dunque davanti alla Corte di Cassazione. Ad aprile la Corte ha sollevato presso la Consulta Costituzionale dubbi di legittimità costituzionale delle norme che impediscono la trascrizione di quell’atto anagrafico.
Qualche giorno fa, il 3 dicembre, la Consulta ha dichiarato inammissibile la richiesta della madre gestazionale di intervenire a sostegno delle questioni di legittimità sollevate dalla Cassazione, il 27 gennaio prossimo, giorno stabilito del giudizio, la madre biologica non sarà quindi presente.
Questa decisione segna un’ulteriore passo avanti verso l’abolizione completa dei diritti dei bambini. Dopo averli resi oggetti e merce di scambio, dopo averli privati della presenza della propria madre biologica, quest’ultima viene considerata, addirittura dalla legge del nostro paese, inesistente, come se la generazione di un figlio prescindesse dai genitori biologici, maschio e femmina, e fosse conseguenza possibile del solo desiderio.
Estromettendo la madre biologica dalla discussione della Consulta si sta di fatto ammettendo che i desideri di due adulti siano considerati dalla legge veri e propri diritti.
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