Dal ministero il via libera all’utilizzo responsabile degli strumenti digitali nella didattica. I risultati della commissione e il decalogo «per l’uso dei dispositivi mobili a scuola».
Allora, smartphone a scuola sì o no? «L’uso dei dispositivi in aula, siano essi analogici o digitali, è promosso dai docenti, nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni». È un’apertura – annunciata, ma non acritica – all’adozione degli strumenti di comunicazione più diffusi tra i giovani (e non solo) quella che il Ministero dell’Istruzione affida ora all’atteso decalogo «per l’uso dei dispositivi mobili a scuola» che viene presentato oggi dalla ministra Valeria Fedeli nel grande happening sulla scuola digitale «Futura » in corso a Bologna.
L’approccio della commissione ministeriale incaricata di mettere a fuoco i dieci criteri – che nei prossimi giorni arriveranno nelle scuole tramite circolare – è ispirato a una visione fiduciosa e positiva del rapporto tra i professori, gli studenti e la cultura oggi plasmata nei suoi linguaggi, stili e codici dall’enorme diffusione di tablet e telefoni interattivi. Non si tratta dunque di una sorta di resa a un fenomeno dilagante: «Il digitale nella didattica – si legge al settimo punto del documento, riprodotto integralmente qui sotto – è una scelta» e dunque «sta ai docenti introdurla e condurla in classe» per «educare alla cittadinanza digitale» (n.10) attraverso una «didattica» che «guida l’uso competente e responsabile» (n.5).
Ecco la parola chiave del decalogo: di responsabilità si parla ben quattro volte, insistendo sulla necessità sia di «insegnare a usare bene e integrare nella didattica i dispositivi» (n.2) sia di «regolamentare le modalità e i tempi dell’uso e del non uso» (n.8), promuovendo «l’autonomia» degli studenti (n.6). In altre parole, per gli esperti interpellati dal Ministero (massmediologi, pedagogisti, insegnanti, filosofi) la scuola non può chiamarsi fuori dal cambiamento in corso, che va ben oltre i soli smartphone e che deve affrontare come una sfida educativa «per il raggiungimento dei propri scopi», in modo anche da «sostenere» il suo stesso «rinnovamento».
Due idee forti meritano di essere evidenziate nel testo ministeriale: la consapevolezza che «è la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi» (n.5) e la sottolineatura – tutt’altro che scontata – della necessità che «l’alleanza educativa tra scuola e famiglia si estenda alle questioni relative all’uso dei dispositivi personali » (n.9). Per dar corpo a questa prospettiva di lavoro, che si limita a offrire criteri generali senza dettare regole operative, si rimanda all’autonomia degli istituti, ciascuno dei quali è chiamato ora ad adottare una propria «Politica di uso accettabile (Pua) delle tecnologie digitali». Significativa anche la parola d’ordine (inglese, sviluppata in contesto aziendale) scelta per i dieci punti: «Bring your own device » (Byod), con il verbo che sta a sottolineare l’idea non solo di ‘portare con sé’ ma anche di usare i dispositivi elettronici in modo utile e coerente con le finalità della scuola.
I dieci punti non esauriscono la proposta del Ministero sul terreno della cultura digitale: alle scuole arriveranno anche le ben più corpose linee guida che ampliano il ragionamento distillato nel decalogo e che a loro volta rimandano alla piattaforma online che sarà accessibile da lunedì, con materiali per la didattica, l’innovazione e l’uso a scuola di smartphone and friends.
La strada che il Miur ha scelto di imboccare va nella direzione opposta rispetto alla Francia, dove da pochi giorni il ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer ha introdotto il divieto di usare gli smartphone a scuola. Due risposte alternative al medesimo fenomeno: in Italia l’89,3% dei giovani usa i ‘telefoni intelligenti’, col primo apparecchio posseduto già a 8-9 anni. L’Italia punta sull’educazione a partire dalla convinzione che «proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione » (n.2). Chi avrà ragione?
Il decalogo
1 Ogni novità comporta cambiamenti. Ogni cambiamento deve servire per migliorare l’apprendimento e il benessere delle studentesse e degli studenti e più in generale dell’intera comunità scolastica.
2 I cambiamenti non vanno rifiutati, ma compresi e utilizzati per il raggiungimento dei propri scopi. Bisogna insegnare a usare bene e integrare nella didattica quotidiana i dispositivi, anche attraverso una loro regolamentazione. Proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione. A questo proposito ogni scuola adotta una Politica di Uso Accettabile (PUA) delle tecnologie digitali.
3 La scuola promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali. Fornisce, per quanto possibile, i necessari servizi e l’indispensabile connettività, favorendo un uso responsabile dei dispositivi personali (BYOD). Le tecnologie digitali sono uno dei modi per sostenere il rinnovamento della scuola.
4 La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica. La presenza delle tecnologie digitali costituisce una sfida e un’opportunità per la didattica e per la cultura scolastica. Dirigenti e insegnanti attivi in questi campi sono il motore dell’innovazione. Occorre coinvolgere l’intera comunità scolastica anche attraverso la formazione e lo sviluppo professionale.
5 I dispositivi devono essere un mezzo, non un fine. È la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi. Non basta sviluppare le abilità tecniche, ma occorre sostenere lo sviluppo di una capacità critica e creativa.
6 L’uso dei dispositivi promuove l’autonomia delle studentesse e degli studenti. È in atto una graduale transizione verso situazioni di apprendimento che valorizzano lo spirito d’iniziativa e la responsabilità di studentesse e gli studenti. Bisogna sostenere un approccio consapevole al digitale nonché la capacità d’uso critico delle fonti di informazione, anche in vista di un apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
7 Il digitale nella didattica è una scelta: sta ai docenti introdurla e condurla in classe. L’uso dei dispositivi in aula, siano essi analogici o digitali, è promosso dai docenti, nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni.
8 Il digitale trasforma gli ambienti di apprendimento. Le possibilità di apprendere sono ampliate, sia per la frequentazione di ambienti digitali e condivisi, sia per l’accesso alle informazioni, e grazie alla connessione continua con la classe. Occorre regolamentare le modalità e i tempi dell’uso e del non uso, anche per imparare a riconoscere e a mantenere separate le dimensioni del privato e del pubblico.
9 Rafforzare la comunità scolastica e l’alleanza educativa con le famiglie. È necessario che l’alleanza educativa tra scuola e famiglia si estenda alle questioni relative all’uso dei dispositivi personali. Le tecnologie digitali devono essere funzionali a questa collaborazione. Lo scopo condiviso è promuovere la crescita di cittadini autonomi e responsabili.
10 Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola. Formare i futuri cittadini della società della conoscenza significa educare alla partecipazione responsabile, all’uso critico delle tecnologie, alla consapevolezza e alla costruzione delle proprie competenze in un mondo sempre più connesso.
Francesco Ognibene
Avvenire.it, 19 gennaio 2018