Il 2020, tra coronavirus, Dpcm e mascherine, se n’è andato lasciandoci una certezza: i virologi e i politici nostrani hanno assunto il ruolo di nuove Cassandre e di veggenti dalle scarse abilità divinatorie.
“Al momento, il virus in Italia non sta circolando, quindi ci si può preoccupare dei fulmini, delle alluvioni, ma di quel virus in questo momento no; però attenzione, non è che questo avviene per caso: avviene perché si stanno prendendo delle precauzioni”, aveva dichiarato con gran sicurezza il virologo Roberto Burioni il 2 febbraio dello scorso anno, mentre commentava dagli studi di Che tempo che fa il caso dei turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma.
Appena due settimane dopo, però, all’ospedale di Codogno veniva ricoverato Mattia, il cosiddetto ‘paziente zero’, per una polmonite non ben identificata. Il coronavirus era sbarcato in Italia, ma studi successivi hanno dimostrato che molto probabilmente era presente nel nostro Paese già da settembre. Il 12 luglio, poi, Burioni, in un lungo post pubblicato su Facebook, ripercorre tutta la sequela di dichiarazioni che aveva rilasciato a inizio pandemia e conclude che “In quel momento le autorità ci dicevano che in Italia il virus non c’era. La mia colpa è – dunque – quella di non avere avuto la capacità di prevedere che il virus sarebbe stato trovato diciotto giorni dopo. Ma io sono un medico, non un veggente. E questa incapacità di predire il futuro effettivamente è un mio
Ce ne sono altre che, invece, sono finite nel calderone delle miriadi di dichiarazioni della schiera dei virologi che, in questi mesi, hanno imperversato nel sistema mass-mediatico italiano. Un ancora poco noto Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, il 31 gennaio, interpellato dall’agenzia Dire, rassicurava così gli italiani:“Questa non è la grande pandemia che ucciderà ma questa è una malattia che da questo punto di vista ha una capacità di uccidere che non va oltre il 2%”. E, dopo aver chiarito che non aveva senso “andare in giro muniti di mascherine”, minimizzava spiegando che si trattava di un’epidemia che colpiva solo chi aveva avuto contatti con la Cina. A tal proposito precisava: “Solo nella settimana scorsa si sono registrati più di 600mila sindromi influenzali in Italia e si contano 3 milioni di soggetti affetti da influenza solo dallo scorso ottobre. È chiaro dunque che siamo nel pieno della stagione”.
Gli esponenti del Pd, invece, si erano prontamente prodigati nello stigmatizzare l’odio verso la Cina e i cinesi.
Dario Nardella, il primo febbraio, aveva lanciato la campagna social #abbracciauncinese, accompagnata da un video in cui il primo cittadino di Firenze era intento proprio nel compiere questo gesto dal forte valore antirazzista. “È giusto avere attenzione e precauzione e seguire le indicazioni dell’autorità sanitaria per il coronavirus. Ma quello che non è accettabile- aveva dichiarato Nardella- è il terrorismo psicologico, è lo sciacallaggio che alcuni fanno soltanto per trovare una scusa per l’odio e l’esclusione. Invece noi siamo vicini alla comunità cinese in questa battaglia comune”. L’11 febbraio Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, invece, era andato a pranzo insieme ai suoi assessori in un ristorante cinese del capoluogo lombardo. Il Pd era pronto a tutto pur di sconfiggere sul nascere un eventuale razzismo nei confronti dei cinesi e, nello stesso tempo, pur di difendere le città che amministra. Ed è per questo che il 27 febbraio Nicola Zingaretti decideva di partecipare all’iniziativa #Milanononsiferma organizzata dai democrat milanesi e trascorreva una piacevole serata sui Navigli. Trascorsi dieci giorni, il segretario del Pd annunciava di essere positivo al Covid. Almeno lui, però, aveva ed ha la scusante di non essere un virologo.
Ben più gravi, infatti, risultano essere state le parole dell’esimia professoressa Ilaria Capua, direttrice dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, che il 25 febbraio assicurava: “Possiamo dire ad oggi che il Covid non si presenta come un virus aggressivo”. La virologa Maria Rita Gismondo, “la signora del Sacco” come la definì in maniera ironica il collega Burioni, inizialmente aveva dipinto il coronavirus come una banale influenza. Ma anche chi aveva ruoli di responsabilità ben più grandi è passato alle cronache per aver preso dei grandi abbagli. “Le mascherine di garza, quelle che stanno andando a ruba, alla persona sana non servono a niente”, sanciva con grande sicumera Walter Ricciardi, consigliere del governo per le relazioni con l’Oms, lo scorso 25 febbraio. “I presidi medici vanno riservati a medici e infermieri, bisogna farne un uso intelligente: usare la mascherina non ha senso se si mantiene la distanza. Non la indosso se sto a un metro e mezzo di distanza” gli faceva eco Alberto Villani, presidente della società italiana di pediatria, il 19 marzo scorso. “Oggi non è necessario, per chi riesce a mantenere le distanze e a rispettare le indicazioni che sono state date, utilizzare le mascherine”, ribadiva il 3 aprile Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile nel corso di una conferenza stampa sui contagi. D’altronde l’Organizzazione mondiale della Sanità, fino agli inizi di giugno, ha sempre sostenuto che le mascherine non fossero necessarie per combattere il virus. Proprio l’esatto contrario dell’obbligatorietà imposta attualmente dal governo italiano (e non solo).
Dal punto di vista politico, invece, il 2020 è stato caratterizzato anche dalle promesse da marinaio del premier Giuseppe Conte. Il 7 aprile scorso, presentando il Dl Liquidità, il presidente del Consiglio, annunciava trionfante: “Con il decreto appena approvato diamo liquidità immediata per 400 miliardi di euro alle nostre imprese, 200 per il mercato interno, altri 200 per potenziare il mercato dell’export. È una potenza di fuoco”. Qualcuno ha mai visto questi soldi? Per non parlare degli errori compiuti in quegli stessi mesi dal contestatissimo presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che ha avuto l’ingrato compito di erogare la cassa integrazione agli italiani, spesso arrivata con notevolissimi ritardi. E che dire delle sue gaffes? Si va dal sito dell’agenzia colpito da fantomatici hacker alle bordate contro gli imprenditori. “Molti negozi non riaprono per opportunismo, per pigrizia, tanto c’è lo Stato che paga”, dichiarò con sufficienza Tridico che, tra l’altro, è l’ideatore di quel fenomenale strumento assistenziale chiamato reddito di cittadinanza…
Dopo quasi tre mesi di lockdown, ai primi di maggio, l’Italia riparte con un’inquietante profezia del Comitato tecnico-scientifico: con la riapertura ci sarebbero dovuti essere 150mila malati di Covid in terapia intensiva entro giugno. Una cifra che sarebbe aumentata oltre i 430mila entro la fine dell’anno. Nulla di più falso. Una profezia che, oltretutto, come ha dimostrato l’holding Carisma, nasce da un grossolano errore di calcolo. Ma non è finita qui. In autunno, quando arriva la seconda ondata di contagi il sistema mass-mediatico si avventa contro i pericolosissimi italiani che hanno osato andare in ferie (anche grazie al bonus vacanze dato dal governo) e contro il professor Alberto Zangrillo che aveva osato definire “clinicamente morto il virus”. Nessuno ricorda, però, che il viceministro alla Salute, Pier Paolo Sileri, il primo luglio tranquillizzava gli italiani con una profezia degna del miglior mago Otelma: “Si parla di una nuova violenta ondata del virus a settembre-ottobre, ma io non credo che così sarà” . E ancora: “Se continuiamo a creare terrore pensando a ciò che è successo in passato, l’Italia non riparte”. Il virologo Galli, il 24 settembre, scacciava via l’ipotesi di una seconda ondata. “Non ce l’aspettiamo”, sentenziava prima di sbilanciarsi nel dire: “Ritengo che questa possa essere una situazione figlia del grande sacrificio rappresentato dal lockdown, applicato qui in maniera più drastica di quanto fatto altrove”.
Come purtroppo sappiamo, invece, il premier Conte, che il 30 gennaio scorso ospite di Lilly Gruber aveva giurato: “Siamo prontissimi”, si è fatto trovare totalmente impreparato e spiazzato anche davanti alla seconda ondata. Il 25 ottobre, infatti, ha dovuto annunciare nuove misure restrittive che avrebbero dovuto consentirci di “salvare” il Natale. In realtà, così non è stato. Il 3 dicembre, Conte è costretto a inventarsi il modello dell’Italia a colori, con limitazioni differenziate tra le varie Regioni. E, infine, a pochi giorni dalle ferie, il governo, contrariamente da quanto annunciato, istituisce “le giornate a colori”, reintroducendo su tutto il territorio nazionale il lockdown proprio per Natale, Capodanno e l’Epifania. Una beffa dopo l’altra..
Francesco Curridori
Il Giornale
2 Gennaio 2021