Qual è l’argomento del golpista, dell’autocrate, del despota davanti alle manifestazioni di contestazione dei suoi provvedimenti? È sempre lo stesso: che si tratta di nemici del popolo, della rivoluzione, del cambiamento, più o meno oscuramente manovrati dalla trama criminale. Non è ancora il dichiarato approccio del governo, ma ci stiamo arrivando perché l’incolpazione del runner che sfora il limite dell’isolato, la gogna per il pensionato preso nella flagranza dell’illecito di spesa eccessiva (tre bottiglie di vino anziché una), la minaccia del giro di vite per l’ordine sanitario messo a rischio dalle grigliate sui tetti di Palermo, insomma lo schema del modello italiano compromesso dalle cospirazioni degli irresponsabili, semplicemente non regge più: e così si passa a mettere in zona di sospetto l’iniziativa disubbidiente dei commercianti che tentano di non fallire o il sit-in dei genitori che si ribellano al futuro asinino dei propri figli, tutta roba esposta all’intromissione delinquenziale che confida nel trambusto civile per far meglio i propri sporchi affari. Sono tutti piccoli segni di un processo involutivo del nostro sistema democratico, che non determinano allarme solo perché si imprimono su una scorza civile già modellata ad accoglierli.
Ma non vuol dire che non siano segni gravi. Di fatto, quel motivetto risuona ormai puntualmente quando la comunicazione governativa dimostra comprensione per la stanchezza dei cittadini a patto che questa, appunto, rimanga nel recinto ammissibile del mugugno, quello consentito perfino agli schiavi: perché oltre quel limite si va in area eversiva, con la criminalità organizzata pronta a dirigere le danze. Un pericolo, questo, da cui il governo dell’Onestà ha il dovere sacrosanto di proteggerci. Ficchiamocelo in testa: c’è la mafia dietro al ristoratore che spaccia clandestinamente rigatoni e ossibuchi.
14 gennaio 2021
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