Ho appena letto un libro del filosofo G. Agamben “A che punto siamo? L’epidemia come politica” (ed Quodlibet) dove fa un’analisi molto dura della gestione della pandemia da parte dei governi occidentali, compreso quello italiano. Nella quarta pagina di copertina afferma: “In nome della biosicurezza e della salute, il modello delle democrazie borghesi coi loro diritti, i loro parlamenti e le loro costituzioni sta ovunque cedendo il posto a un nuovo dispotismo in cui i cittadini sembrano accettare limitazioni delle libertà senza precedenti”. Agamben nel testo più volte sottintende ad alcune sue preoccupate espressione il concetto di “biopolitica”. Essendo un concetto abbastanza nebuloso, vorrei chiedere una sua illustrazione e perché questo agire da parte dello Stato oltre che essere in contrasto con la democrazia limiterebbe la libertà dei cittadini. Martina
Il vocabolo “biopolitica” ha origine dalla lingua greca ed è composto dall’unione di due parole (βίοσ = vita e πολισ = città).
Il termine fu coniato dallo storico francese G. Bataille (1897-1962), uno dei fondatori del “Collège de Sociologie” di Parigi, ma solo negli anni ’70 del ventesimo secolo fu valorizzato dal filosofo francese M. Foucault, con il quale Agamben collaborò, nel corso di un seminario che tenne nel 1976 al “Collège de France” di Parigi.
Foucault, così definì la biopolitica: “termine con il quale intendevo fare riferimento al modo con cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti alla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, longevità, razze…” (Nascita della biopolitica, Feltrinelli, pg. 261). Osservando il suo periodo storico, il filosofo individuò nella “biopolitica” il nucleo dell’esercizio sistematico del potere nella società, da applicare sulla vita umana, e da esprimersi sugli individui e sulla specie, sulle attività del corpo e sui processi esistenziali.
Dunque, la biopolitica, è una dimensione del governo che condiziona un popolo negli aspetti societari e personali, compresa la vita e la salute, partendo dal presupposto che alcuni problemi bioetici investono anche la competenza politica e l’interesse generale della società.
La biopolitica, impone che l’autorità amministri e controlli il corpo nella nascita, nel corso dell’esistenza e nel momento della morte. E’ l’irruzione dello Stato nelle sfere personali e private del cittadino!
Sempre maggiormente, nei confronti della vita, non solo ci si avvale di questo vocabolo ma lo si concretizza in molteplici situazioni; dall’interruzione volontaria della gravidanza alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, dalla selezione eugenetica alla genomica, dal pluralismo terapeutico alla sospensione delle cure ai malati terminali, dal testamento biologico all’eutanasia.
Esempio illuminante fu la gestione del caso di Eluana Englaro, la giovane donna di Lecco che visse per oltre diciotto anni in “stato vegetativo persistente”.
Il “Governo” (Potere Esecutivo), intervenne con un “Disegno Legge” per vietare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale ai malati in stato vegetativo persistente. Fu presentato al “Parlamento” (Potere Legislativo) nelle ore in cui Eluana stava morendo (9 febbraio 2009) a seguito dell’esecuzione della sentenza della “Corte di Appello di Milano” (Potere Giudiziario) che aveva autorizzato con un “provvedimento” la chiusura del sondino naso-gastrico che la nutriva e la dissetava.
I tre poteri furono “i padroni” della vita di Eluana Englaro!
Ma anche oggi, si ha l’impressione di uno scontro biopolitico sui contenuti bioetici, come pure notiamo il coinvolgimento di organismi “amministrativi” o “giudiziari”, intervenendo in aspetti che investono primariamente la sfera personale.
Dobbiamo quindi porre la massima attenzione all’evoluzione biopolitica affinché non svuoti delle rilevanze antropologiche la vita dell’uomo che è un bene oggettivo rispetto alla politica, sopravalutando erroneamente il principio di autodeterminazione, le libertà individuali o negando il valore della fragilità. Oppure, come sta avvenendo nella gestione di questa pandemia, di ridurre il concetto di salute unicamente al corpo trascurando le altre dimensioni della persona. E’ quindi irrimandabile, ristabilire il naturale ed equilibrato rapporto tra biopolitica, bioetica e biodiritto (1) affinchè, la persona, sempre, possa definire il senso della sua vita senza condizionamenti del potere.
Un’ultima osservazione: di fronte alle decisioni riguardanti le tematiche bioetiche è sufficiente il parere della maggioranza?
San Giovanni Paolo II rispose negativamente: “Urge dunque, per l’avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere” (Evangelium vitae n. 71).
Lo stesso giudizio fu riaffermato da Benedetto XVI nel discorso del 22 settembre 2011 al Parlamento Federale Tedesco nel Reichstag di Berlino: ”In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento”.
La filosofia politica classica ribadiva la centralità del popolo e della sua volontà nell’agire coscientemente; in questa prospettiva la legge di fronte ai grandi temi esistenziali assumeva un’ importanza secondaria.
Ma ciò è attuabile oggi in un contesto multiculturale e multietnico, caratterizzato da rilevanti differenziazioni etiche, culturali e religiose?
Il nostro invito è di riferirsi primariamente alla “legge naturale”, intersecata per il cristiano con quella evangelica e morale.
Don Gian Maria Comolli
Nota
(1)Area delle discipline giuridiche in cui si affrontano i problemi inerenti alla tutela della vita umana e alle implicazioni giuridiche che derivano dalle scienze mediche e dall’evoluzione tecnologica che ormai le caratterizza” (In Treccani, Lessico del XXI secolo). La specificità del biodiritto è identificabile nella elaborazione di regole di comportamento a livello sociale, nel contesto delle questioni bioetiche.