Adolescenti aggressivi o isolati, chiusi nella propria stanza, privati delle relazioni sociali tra coetanei, senza scuola né sport. La pandemia ha registrato un aumento dei tentativi di suicidio e atti di autolesionismo tra giovani. Fanpage.it ha intervistato il professor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ospedale Bambino Gesù.
La pandemia ha registrato un aumento di tentativi di suicidio e atti di autolesionismo tra adolescenti. Un’emergenza nell’emergenza, che coinvolge per la maggiore chi ha tra i 12 e i 25 anni. Per capire meglio e analizzare ciò che sta accadendo nel Lazio e nel resto d’Italia, Fanpage.it ha intervistato il professor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Professore, in cosa consiste il fenomeno e quali sono i numeri?
Per autolesionismo intendiamo sia ragazzi che si provocano dei danni al corpo, ma non con l’intenzione di volersi uccidere (i giovani che si tagliano), oppure con intenzionalità suicida. Quest’ultimo è un fenomeno diffuso non solo in Italia, ma anche in Europa, dove le ultime statistiche ci dicono che almeno il 25 per cento degli adolescenti pratica autolesionismo, mentre in Italia siamo sul 20 per cento, un giovane su cinque. Il suicidio è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni nei Paesi europei. Un fenomeno diffuso e noto da tempo, che caratterizza da sempre i nostri adolescenti, sul quale tuttavia c’è ancora poca attenzione.
Qual è la correlazione tra pandemia e aumento di tentativi di suicidio negli adolescenti?
Con la seconda ondata sono aumentati notevolmente gli accessi al pronto soccorso del Bambino Gesù, in particolare quelli che hanno a che fare con autolesionismo e tentativi di suicidio. L’ospedale ha otto posti letto dedicati specificamente alla psichiatria, da ottobre in poi sono sempre pieni, con un indice di occupazione letti che arriva quasi al cento per cento, a fronte del 70 per cento registrato ad inizio 2020 e negli anni precedenti. L’aumento di richiesta è correlato all’aumento di disturbi mentali tra i giovani. Nonostante siano i disturbi più frequenti in età pediatrica tuttavia, i posti letto dedicati alla psichiatria in età evolutiva sono ridotti, poco di novanta in tutta Italia. Al Bambino Gesù ci siamo organizzati per far fronte a questo problema, mentre situazioni più complesse le vivono regioni come la Calabria, l’Abruzzo, Umbria, Marche che ne sono prive.
Che ruolo giocano in questo scenario le relazioni sociali, penso alla scuola e allo sport?
La salute mentale si basa su due pilastri fondamentali: da una parte la gestione delle emozioni, dall’altra la capacità di costruire relazioni valide e positive. La scuola riveste un ruolo fondamentale, perché consente a bambini ed adolescenti di conoscersi attraverso le relazioni, sperimentare le proprie capacità ed i propri limiti. Se manca questo vengono meno anche gli ammortizzatori ai fattori di rischio: ad esempio un ragazzo che ha una famiglia disfunzionale, senza queste opportunità accentua le sue problematiche. Gli adolescenti sono i veri dimenticati di questo periodo, ci stiamo preoccupando solo del loro apprendimento e delle loro competenze, ma non della loro conoscenza del mondo. Le reazioni sono due: c’è chi manifesta aggressività e chi invece si chiude sempre di più, restando isolato nella propria stanza, e questo è uno degli aspetti gravi sui quali intervenire, perché questi ragazzi vivono con grande preoccupazione l’incontro con l’altro.
Quali sono le misure da mettere in atto per intervenire sul loro disagio?
Bisogna investire in salute mentale, non solo per quanto riguarda i posti letto, ma anche nei servizi territoriali, organizzare una rete reale di assistenza, uno sportello psicologico all’interno delle scuole, per intercettare precocemente un livello di sofferenza. La scuola deve rimanere aperta, per dare ai ragazzi la possibilità di relazioni in carne ed ossa con coetanei e docenti. Bisogna inoltre tutelare la famiglia, con un modello economico che lo consenta e che permetta ad entrambi i genitori di passare maggiore tempo in presenza con i propri figli.
Alessia RabbaiI
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