Va bene l’appoggio al governo Conte, ma se il suo commissario spende 1.250 milioni di euro per una commessa da circo, il caso varrà pure un titolo
Avviso ai lettori del Corriere della Sera. Ai telespettatori di La7. A quanti credono ancora che la Gabanelli piuttosto che la Gruber siano giornalismo di aperta controversia e di inchiesta-ta-tà. E al sindaco di Milano che nonostante lo strenuo supporto che riceve dal Corriere della Sera, riesce lo stesso a confondere l’Anna dell’Olocausto con la Greta del fashion club. «La crisi non ci voleva e Conte fa bene a cercare i responsabili». «Non era il momento in cui fare una crisi di governo. Non capisco Renzi che aveva anche ottenuto delle cose. Per esempio, se la crisi era generata dal fatto che il Recovery Plan non distribuiva le risorse in modo giusto, nel momento in cui le cose cambiano non vedo perché fare la crisi». Parola di Urbano Cairo. Che per esternare il suo affetto per Conte ha scelto proprio la trasmissione giusta. Radio 1. Un giorno da pecora.
Tanta roba. Giusto per fare intendere che il suo giornale e la sua tv (un tempo l’uno segnalato come il più autorevole del Belpaese, l’altra come la rete più indipendente) faranno il loro onesto mestiere di cani da guardia del potere. Come? Ma certo, passando dal fronte dei cittadini a quello dei mandarini. Ci voleva l’ennesimo torinese a Milano per sottomettere un mestiere al servizio della libertà al culto della personalità di “Giuseppi”.
Cairo faceva il blasonato venditore di pubblicità all’epoca in cui serviva e si faceva ricco sotto l’autorità di Silvio Berlusconi. Adesso che da padrone dell’organo di via Solferino e La7 mette al servizio del padrone governativo gli ex gioielli dell’informazione (in cambio di quale medaglia al valore civile?) cosa ne guadagnerà la libertà di informazione e la democrazia delle notizie?
Più precisamente: quale ulteriore motivo indicibile si cumula ai misteri indicibili per i quali solo e soltanto in Italia, se un governo va in crisi, è meglio imbarcare Pulcinella piuttosto che andare a votare? Perché solo e soltanto in Italia è ritenuto assurdo, vergognoso, irresponsabile, poco meno di un colpo di Stato, restituire la voce al popolo se un governo è morto e già puzza dalla testa ai piedi?
Per l’intanto registriamo accuratamente che il Corriere della Sera si dichiara ufficialmente al servizio di un governo di figuranti, pronti a qualunque avventura pur di mantenere una poltrona. Potrà dunque il Corriere assumere una funzione critica, propria del mestiere di chi fa un giornale – e che giornale! – al riguardo di chi sta trattando il popolo come una massa di idioti da indottrinare e terrorizzare, tranne poi dimostrarsi incapace di gestire proprio niente, dalla pandemia al tavolo del Recovery Fund?
Per l’intanto registriamo che, così come in cima al Comitato tecnico scientifico della virologia e della epidemiologia che combatte la pandemia c’è un ginecologo (Agostino Miozzo), per rifornire gli italiani di mascherine anti Covid il governo tanto decantato da Urbano Cairo ha dovuto affidarsi a intermediari alla Totò. Che non si è ancora capito quante decine di milioni di euro in provvigioni hanno incassato. Non si sa ancora a quale prezzo abbiano comprato e venduto le mascherine. Non si sa se e quante mascherine hanno effettivamente distribuito agli italiani.
Talché, ho chiesto gentilmente alla redazione di Tempi di illustrare la presente nota con alcune delle prime pagine de La Verità, quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Avete visto qualcosa in giro, su giornali o su tg, che riprendesse la sconcertante notizia del “caso mascherine” che La Verità sta illustrando da ben tre mesi?
Cari lettori, voi capite che denunciare una “cresta” da 200 milioni in prima pagina è cosa impegnativa. Come è impegnativo condurre una inchiesta che i valenti colleghi della Verità – onore in primis a Giacomo Amadori – hanno iniziato il 19 novembre 2020 e che, in seguito, ha provocato anche le investigazioni della procura di Roma su una somma di 1.250 milioni di euro, 1 miliardo e 250 milioni, 20 euro per ogni italiano. Somma che il commissario del governo italiano avrebbe utilizzato per acquistare un carico di 810 milioni di mascherine in Cina per tramite intermediari da Cirque du Soleil (poiché il governo non avrebbe avuto agganci in Cina): chi della Rai, chi di un’azienda di valvole di Settimo Milanese, chi di San Marino, chi dell’Ecuador, chi del Quadraro de Roma (quartiere molto popolare). Con 634 milioni che sarebbero stati spesi dal governo per onorare un contratto con una “general manager” di una società costituita solo cinque giorni prima la stipula del contratto da 634 milioni medesimo.
Ora uno si domanda: va bene l’appoggio al governo Conte, ma com’è che da Cairo in giù su questa storia di mascherine miliardarie (e 100 miliardi già spesi per l’emergenza, e spesi come?) stanno tutti zitti? Viene in mente una vecchia canzone di un simpatico cantautore romano, Francesco De Gregori, che inizia con «Laggiù nel paese dei tropici…». Sembra Roma. In verità – è ufficiale – siamo a Banana Republic.
Luigi Amicone
25 gennaio 2021
Com’è che sulla storia delle mascherine miliardarie stanno tutti zitti?