La tecnica Crispr che ha vinto il Nobel per la chimica apre un vaso di Pandora di promesse e problemi. Il libro di Walter Isaacson, “The code breaker”, dedicato a Doudna e alla sua scoperta
Nella primavera del 2014, quando la battaglia sui brevetti Crispr si stava già surriscaldando, Jennifer Doudna ebbe un sogno. Più precisamente, un incubo. Un ricercatore le chiese di incontrare una persona che voleva saperne di più sull’editing genetico. Seduto di fronte a lei, con carta e penna, c’era Adolf Hitler. “Voglio capire gli usi e le implicazioni di questa straordinaria tecnologia che hai sviluppato”, le disse. “Abbiamo creato una cassetta degli attrezzi per i futuri Frankenstein?”, si chiese Doudna. “O uno strumento per i futuri Hitler?”.
L’aneddoto è contenuto nel nuovo libro del maestro della biografia, Walter Isaacson, “The code breaker”, dedicato a Doudna e alla sua scoperta, che le ha valso l’ultimo Premio Nobel per la Chimica. Il taglia e cuci del Dna. La biochimica di Berkeley ha inventato il Crispr, la tecnologia che ha permesso di modificare il genoma umano. Isaacson scrive che “ha il potenziale per curare malattie genetiche, creare bambini più sani, inventare nuovi vaccini e aiutare gli esseri umani a combattere le proprie guerre contro i virus”.
Promesse e pericoli. Quattro anni dopo il sogno con Hitler, He Jiankui, un giovane scienziato cinese che aveva partecipato ad alcune conferenze di Doudna, usò il Crispr per creare i primi bambini su misura al mondo: due gemelle il cui Dna era stato modificato per rimuovere un gene che produce un recettore per il virus che causa l’Aids. Dopo più di tre miliardi di anni di evoluzione, avevamo il talento e la temerarietà per assumere il controllo del futuro genetico. Isaacson è affascinato e impaurito: “Dovremmo alterare la specie per rendere l’umanità meno suscettibile ai virus? Sembra un vantaggio meraviglioso, soprattutto in mezzo alla pandemia. Ma che dire del tentativo di sbarazzarsi della sordità o della cecità? E i depressi? Perché non andare oltre e consentire ai genitori di migliorare i propri figli, dando loro un quoziente intellettivo più alto, muscoli più forti, maggiore altezza e una tonalità preferita di pelle e capelli?”.
Matthew Porteus, pediatra e pioniere dell’editing genetico a Stanford, ad Isaacson dice: “Cambieremo il gene nell’embrione in modo che il bambino, quando nascerà, non avrà l’anemia falciforme”. Con il Crispr possiamo modificare i geni che producono una predisposizione alla schizofrenia, al disturbo bipolare e alla depressione. “L’eliminazione di questi disturbi allevierebbe enormi sofferenze, ma potrebbe anche portare a un minor numero di geni come Vincent Van Gogh ed Ernest Hemingway, la cui arte è stata profondamente plasmata da queste condizioni”. Lo dicono apertamente. “Non vedo perché eliminare una disabilità o dare a un bambino gli occhi azzurri o aggiungere 15 punti di quoziente sia davvero una minaccia per la salute pubblica o per la moralità”, afferma George Church, pioniere dell’editing genetico di Harvard. Come ha detto un partecipante a una conferenza organizzata da Doudna, “un giorno potremmo considerare non etico non utilizzare l’editing genetico per alleviare la sofferenza umana”. Isaacson intitola un capitolo “diagnosi preimpianto e Gattaca”.
Nel 1990 avvenne la prima diagnosi genetica preimpianto, l’esecuzione di test sugli embrioni per determinarne le caratteristiche genetiche e l’impianto nell’utero di quelli con i tratti più desiderati. Sette anni dopo uscì un film, “Gattaca”. Racconta di un futuro in cui la selezione genetica viene utilizzata per garantire che i bambini siano migliorati. Sesso, statura, colore degli occhi e della pelle, peso, tendenze criminali, abilità musicali, atletiche e intellettive… Con il Crispr, ci siamo risvegliati nell’incubo della dottoressa Doudna.
Giulio Meotti
Il Foglio
21 Marzo 2021