Nuove aree di pattugliamento con la missione Themis, che sostituisce dal 1 febbraio Triton. Il nodo del porto più vicino di soccorso: non toccherà più solo all’Italia farsi carico dell’accoglienza.
E’ partita il 1 febbraio la nuova missione europea coordinata dall’agenzia Frontex. Si chiama “Themis” e prende il posto di “Triton”: l’obiettivo principale resta la regia delle operazioni in mare per la ricerca e il soccorso dei migranti, ma l’azione di polizia e contrasto alla rete dei trafficanti verrà estesa e riguarderà il monitoraggio di tutti i traffici criminali, non solo quelli relativi alla tratta dei profughi, ma anche al commercio di droga e a possibili infiltrazioni terroristiche.
Due saranno le nuove aree di pattugliamento nel Mediterraneo: una ad est – per i flussi migratori da Turchia e Albania – e una ad ovest – per quelli che partono da Libia, Tunisia e Algeria. Gli effetti legati alle nuove linee di pattugliamento riguarderanno anche le unità navali italiane, che verranno poste al limite delle 24 miglia dalle nostre coste, riducendo la zona operativa di nostra competenza rispetto agli obblighi attuali.
Cosa accadrà, in pratica? In caso di salvataggio, si dovrà far riferimento al Mrcc, il Centro di coordinamento per i soccorsi in mare di competenza, che è quello che decide dove far sbarcare i mezzi con a bordo le persone soccorse. Non necessariamente, l’autorità di coordinamento sarà italiana (mentre in precedenza lo era). Il nostro Paese non sarà più dunque il primo a farsi carico di migliaia di migranti? E’ un punto ancora da chiarire. I centri di coordinamento di altri Paesi Ue (fatta eccezione di Malta) sono tutti lontani, a partire da Francia e Spagna, già evocate in passato (con scarso successo) come terminali possibili di destinazione per i migranti. Resta dunque altamente improbabile che le navi della nuova missione rientrino nel loro campo d’azione. Un’eccezione potrebbe essere la Corsica, per ora però i salvataggi non sono mai stati in quell’area, ma semmai a sud della Sardegna (competenza italiana) per quanto riguarda i mezzi provenienti dall’Algeria. Discorso a parte merita la Grecia, che però è già oggetto di un’altra missione separata dell’Ue. In sintesi: sì al trasferimento dei profughi nel porto più vicino (una novità rispetto al passato) ma sarà la legge del mare a decidere, e sarà difficile evitare come accade oggi che siano i porti italiani a farsi carico della gestione di gran parte dell’emergenza.
Non solo: non saranno possibili sbarchi in Paesi terzi, come Tunisia, Marocco, tanto meno la Libia. La méta finale dovrà essere per forza uno Stato appartenente all’Unione europea. Il Viminale ieri ha fatto filtrare “soddisfazione” per le nuove regole della missione Ue, sottolineando come essa potrà contribuire “in maniera concreta” a fronteggiare i flussi di irregolari in arrivo verso il Vecchio continente, ma resta il fatto che l’area di competenza della missione riguarda tutte acque di competenza territoriale del Centro di coordinamento italiano. E questo vale anche per le acque al largo di Tripoli.
Avvenire.it, 1 febbraio 2018