Nel suo impegno a disfare ogni cosa il suo predecessore abbia fatto per proteggere il nascituro, nelle sue prime settimane in carica, Biden pare aver creato la sua forma di “cultura della cancellazione”. Nel giorno dell’inaugurazione, Biden ha inviato una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, comunicandogli che gli Usa avrebbero di nuovo aderito all’Organizzazione Mondiale della Sanità (che vuol dire anche riprendere a finanziarla), anche se Trump aveva menzionato numerosi suoi fallimenti, specialmente sulla gestione all’origine della pandemia di Covid e sull’atteggiamento servile dell’Organizzazione nei confronti della Cina.
Pochi giorni dopo, Biden ha dichiarato che gli Usa sarebbero rientrati nel più che screditato Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, sarebbero tornati nel problematico Accordo di Parigi sul Clima, così come avrebbero ripristinato e aumentato i finanziamenti al Fondo per la Popolazione dell’Onu.
Fra le azioni di Biden, nessuna è più completa di quelle che riguardano le politiche che all’Onu vengono chiamate dei “diritti riproduttivi”. La politica di Biden è stata introdotta in un colpo solo con il “Memorandum sulla protezione della salute delle donne, in patria e all’estero”, emesso già il 28 gennaio. Questo Memorandum dimostra molto bene quanto le cose cambino drasticamente da un’amministrazione repubblicana ad una democratica riguardo il programma sui diritti riproduttivi e come Biden stia progettando di abolire ogni singola misura a tutela della vita del nascituro. Lo si capisce chiaramente dalla lettura del testo del Memorandum.
È particolarmente inquietante, per chi non vive negli Usa, il ruolo del Usaid, l’agenzia statunitense per gli aiuti internazionali, che sarà guidata da Samantha Power, ex ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu durante l’amministrazione Obama. Nota giornalista, filantropa, docente universitaria e diplomatica, la Power ha per ora ottenuto solo la conferma alla sua nomina dalla Commissione Affari Esteri del Senato il 15 aprile. Mentre questo articolo va online, è ancora in attesa del voto del Senato, nel suo complesso, per la sua nomina. Nella carica di direttrice del Usaid, la Power sarebbe una delle principali promotrici dei diritti riproduttivi, della sanità e dei servizi che gli Usa possono offrire ai Paesi in via di sviluppo.
Come si può constatare dal Memorandum del presidente, la promozione dei diritti riproduttivi è al primo posto fra le priorità di Biden, sia nella politica interna che estera. E ciò è particolarmente doloroso, visto che non c’è un solo aspetto del programma sui diritti riproduttivi che sia stato trascurato. Nonostante tutto, è bene ricordare che non vi sia alcuna definizione internazionale riconosciuta dei “diritti riproduttivi”. E nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’Onu, leggiamo chiaramente: «Ognuno ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona» (Articolo 3).
La politica onnicomprensiva di Biden contro il diritto alla vita del nascituro, supera tutte le altre questioni che la sua amministrazione ha cercato di affrontare, senza troppi successi, quali l’immigrazione clandestina, la lotta al Covid, la riduzione delle emissioni di gas serra, l’espansione del numero dei membri della Corte Suprema, il cambio di passo nelle relazioni con la Cina e la Russia e la disinvoltura con cui vengono promesse risorse federali per finanziare la spesa pubblica che complessivamente ammonta ad un incredibile 25% del Pil.
Come può, una nazione, mantenere la sua integrità morale quando il suo governo nega il primo dei diritti umani, il diritto di nascere? I nascituri non possono lanciare un grido di dolore per difendere le loro vite. Ma i pro-life non stanno subendo passivamente. Sono presenti in tutte le comunità americane, offrendo consulenza, compassione e assistenza alle donne incinta vulnerabili, indecise se tenere o uccidere il bambino che portano in grembo. Per esempio, a New York (e ora ovunque) le Sorelle della Vita sono state fondate 20 anni fa per dedicarsi alla promozione delle cause provita.
In uno sviluppo recente, e incoraggiante, l’ex vicepresidente Mike Pence ha appena fondato un’organizzazione non-profit la “Advancing American Freedom”, il cui primo impegno (stando al loro sito Web) è la promozione della causa pro-vita. Ad essa partecipano molti politici noti ed altri simpatizzanti che faranno sentire la loro voce.
Queste sono alcune delle risposte al Mayday, alla chiamata d’emergenza.
Vincenzina Sartoro
27 aprile 2021