Basta andare su internet e PubMed per rintracciare lavori scientifici, ormai del passato, che già ci illustravano diversi aspetti derivati dalla precedente esperienza sul SARS-Cov che sarebbero stati sfruttabili anche nella pandemia attuale. Perché, allora, non è stato fatto? Perché soluzioni terapeutiche come gli anticorpi monoclonali hanno impiegato più di un anno ad essere approvate da AIFA quando si erano già dimostrate efficaci in occasione del SARS-Cov nel 2002? Ricordiamo che vi sono grandi analogie relate alle catene proteiche di SARS-Cov e SARS-Cov2 (responsabile del COVID-19), identiche per più del 75%.
A dimostrazione di quanto affermo abbiamo preso il seguente articolo scientifico firmato da Vincent CC Cheng et al, Severe acute respiratory syndrome coronavirus as an agent of emerging and reemerging infection, pubblicato su Clinical Microbiology Reviews nel 2007 (10:660-694) e ne commentiamo alcuni punti principali. Ognuno potrà così verificare la veridicità di quanto riportato in questo scritto.
Nell’introduzione del lavoro scientifico, gli autori sottolineano come la crescita della popolazione, soprattutto in Cina, abbia portato a consumare carni di animali non convenzionali come ad esempio civette. Evidenzia inoltre come dal mercato delle carni si possa avere il salto del virus da animale all’ uomo; questa che pareva una novità del SARS-Cov2 era invece una constatazione di diversi anni prima, almeno 13. Inoltre, specifica come il SARS-Cov abbia infettato 8000 persone con una percentuale di eventi fatali del 10%. Nella stessa introduzione poi viene descritto come virus similari siano stati ritrovati anche nei pipistrelli. Si specifica inoltre che con tali presupposti ci si può attendere un possibile ritorno del virus in futuro in condizioni ambientali per lui favorevoli.
Il SARS-Cov è uno dei 36 Coronavirus e assieme al Coronavirus derivato dai pipistrelli è considerato (o classificato) 2b. Sono riportate altre similitudini fra i 2 virus parenti: vi è un elevato grado di stabilità nell’ambiente che lo differenzia da altri Coronavirus, potendo sopravvivere 2-3 giorni sulle superfici asciutte a temperatura ambiente e 3-4 giorni nelle feci. Inoltre, la struttura genomica dei SARS-Cov ha molte similitudini con gli altri componenti del gruppo, ivi compreso le modalità di trasmissione e di replicazione.
La proteina S (spike) del virus è di fondamentale importanza per l’attacco e l’entrata nelle cellule dell’ospite e pertanto è il maggior target per neutralizzare gli anticorpi e i peptidi antivirali. Il recettore chiave a cui si attacca la proteina S (il cui attacco è favorito da proteasi associate alla membrana come il fattore Xa) è l’ACE2 che si trova nelle cellule del polmone, dell’intestino, del fegato, del cuore, dell’endotelio vascolare, dei testicoli e del rene. Come si vede tutti dati non di recente scoperta ma già ampiamente noti da oltre un decennio.
La malattia da SARS-Cov iniziò nel 2002 e si manifestò come una polmonite atipica. L’epidemia fu di breve durata per cui non fu possibile testare un vaccino o una terapia in tempi opportuni. Il virus venne isolato dopo i primi casi di malattia con biopsia polmonare in un paziente affetto e quindi studiato. Si vide, anche in questi casi, un elevato indice di mutazione delle caratteristiche del virus passando da un potatore ad un altro, tipico dei virus RNA. I maggiori luoghi di trasmissione del virus da persona a persona furono identificati in: ospedali e ambulatori, luoghi di lavoro, case e trasporti pubblici. Almeno il 50% della trasmissione del virus avvenne, sempre attraverso droplets, ma a livello nosocomiale. Gli aerei passeggeri furono un’altra fonte importante di trasmissione. Già all’epoca furono iniziati screening negli aeroporti per valutare soggetti pre-sintomatici o sintomatici, anche se con risultati contrastanti.
Si riscontrò, all’ epoca, una siero-prevalenza del virus nel 0.1% della popolazione generale rispetto allo 0.23% dei lavoratori sanitari. Il periodo di incubazione della malattia era risultato 2-14 giorni, con trasmissibilità virale più probabile dal quinto giorno della infezione. Tutti dati sovrapponibili al virus attuale.
La tipica presentazione clinica della malattia, caratteristica delle forme virali respiratorie avvenne con polmonite e rapida degenerazione delle capacità respiratorie. Inoltre, febbre, brividi, mialgia, malessere, tosse non produttiva furono i sintomi più comuni; meno rinorrea e odinofagia. Diarrea acquosa spesso apparve una settimana dopo l’inizio dei sintomi. Al Rx torace spesso furono rilevate opacità “ground-glass” e focolai di consolidamento specie nelle regioni periferiche, sub pleuriche verso le basi (reperti tipici anche dell’attuale SARS-Cov2). Come si vede tutti sintomi e segni clinici decisamente comuni con l’attuale espressione di malattia da SARS-Cov2. Nei bambini e ragazzini la patologia apparve più modesta rispetto agli adulti.
Si evidenziava già da allora quindi che si trattava di una patologia tipicamente vascolare, coagulativa, almeno nelle sue espressioni più avanzate (tempesta citochinica). Questo importantissimo dato è stato confermato per il SARS-Cov 2 da uno studio americano/cinese pubblicato in Circulation Research il 30 aprile del 2021.
A livello dei metodi diagnostici vi era qualche dubbio sull’attendibilità dei test molecolari con amplificazione RT- PCR o antigenici in quanto poco testati in prospettiva. Come più importanti test diagnostici per accuratezza vennero menzionati gli aspirati naso-faringei e i lavaggi in gola. Il test PCR è diventato invece il principale, se non l’unico mezzo diagnostico nell’attuale pandemia da SARS-Cov2 e base per la definizione dei cosiddetti “contagi”.
Per quanto concerne la terapia erano note anche possibilità utili per combattere la malattia da SARS-Cov?
Si erano dimostrati di scarsa utilità gli antivirali come il Ribavirin, almeno somministrati da soli. Si erano utilizzati gli antibiotici specie nella fase iniziale della patologia polmonare. Inibitori di proteasi, importante per la replicazione del virus erano stati testati in vitro con discreto successo quali nelfinavir, glicerizina, reserpina, valinomicina, niclosamide, acido neurintricarbossilico, indometacina, clorochina. In vivo furono impiegati immunomodulatori come i corticosteroidi che si erano dimostrati utili per ridurre la mortalità per polmonite dovuta a varicella, virus zoster e influenza. Alte dosi si dimostrarono utili anche per ridurre inizialmente la tempesta citochinica in questa patologia ma non efficaci anzi negative se somministrate da sole per periodi prolungati.
Fu testato all’epoca con successo, non su larga scala, l’infusione di plasma di pazienti convalescenti e gli anticorpi monoclonali, terapia quest’ultima presentata nel nostro paese come rivoluzionaria, che ha avuto approvazione dell’AIFA un anno dopo, ma che era stata in realtà testata almeno 15 anni prima.
Verso la fine di questo lavoro si evidenziava la conoscenza, già all’epoca, che i pipistrelli potevano essere una naturale riserva di questo virus. Al termine di questo lavoro venne sottolineata l’importanza, nel futuro prossimo, di approfondire le conoscenze anche per estendere le possibilità terapeutiche nei confronti del Coronavirus in quanto si era già compreso come i Coronavirus avrebbero potuto andare incontro a ricombinazioni genetiche in grado di generare nuovi genotipi e quindi nuove epidemie. La presenza di una larga riserva di SARS-Cov nei pipistrelli assieme alla cultura di mangiare mammiferi esotici esistente nel sud della Cina si può considerare una bomba a orologeria.
Concludeva l’autore nel 2007: “La possibilità che riemerga la infezione SARS o di altri nuovi virus da animali o laboratori non dovrebbe essere ignorata assieme alla necessità di una adeguata preparazione”.
Parole profetiche scritte ben 13 anni prima che una nuova tempesta virale di caratteristiche, peraltro del tutto simili a quelle già evidenziate nel 2002, si abbattesse su di noi sconvolgendo la nostra vita, assolutamente non preparata. Nulla è stato fatto prima per potere impedire o attenuare questo sfacelo.
A questo punto anche le parole pronunciate da Bill Gates nel 2015 non erano frutto di profezia ma semplicemente di informazione che lui già aveva, mentre la popolazione del mondo era tenuta nell’ignoranza. È così oggi che ci si spaccia per grandi visionari, è così oggi che si accumulano enormi fortune, nascondendo la verità. Non importa quante saranno le persone che soccomberanno. Già nel 2007 quindi si iniziavano a costruire i vaccini contro il coronavirus perché se ne conoscevano i meccanismi di attacco. Il problema era che allora l’infezione durò troppo poco per poterli testare nell’uomo. Ora la chance si è presentata e i vaccini erano pronti.
Alessandro Capucci
21 maggio 2021