Inizia oggi l’udienza che vede sotto accusa la legge che consente l’aborto fino a 24 settimane, ma fino al nono mese in caso di disabilità come la sindrome di Down. La coraggiosa azione di due donne: «Se la diagnosi è confermata c’è una pressione fortissima per abortire. È una legge offensiva».
I feti con sindrome di Down devono stare con la spada di Damocle di una condanna a morte fino alla nascita? Questa è la decisione che l’Alta Corte in Inghilterra dovrà prendere dopo un’udienza di due giorni che inizia oggi. Il caso storico contro il governo del Regno Unito riguarda la clausola di disabilità, considerata discriminatoria, dell’attuale legge sull’aborto del 1967. A portarla in tribunale sono state Heidi Crowter, una donna di 25 anni di Coventry che ha la sindrome di Down, e Máire Lea-Wilson di Brentford, West London, il cui figlio di ventitré mesi Aidan ha la sindrome di Down. La loro sfida è spingere il governo del Regno Unito a rivedere l’attuale legge che ha depenalizzato l’aborto, oltre 40 anni fa, perché non prevede “l’uguaglianza nel grembo materno”.
Attualmente in Inghilterra, Galles e Scozia, è possibile abortire fino a 24 settimane di gestazione, ma se il bambino ha una disabilità – tra cui sindrome di Down, labbro leporino e piede torto – l’aborto selettivo diventa legale fino al momento della nascita.
Questa non è la prima volta che la legge sull’aborto del Regno Unito viene messa in discussione. Nel 1990, la Legge sulla Fecondazione umana e l’Embriologia ha abbassato il limite di gestazione per gli aborti da 28 a 24 settimane, tenendo conto dei miglioramenti nell’assistenza medica. Questo è infatti il punto attualmente accettato in cui è possibile per il feto vivere al di fuori del corpo della madre.
Ma la signora Crowter, che ieri ha festeggiato il suo primo anniversario di matrimonio ed è sposata con James Carter, anche lui con la sindrome di Down, sostiene che tutte le disabilità non fatali dovrebbero essere soggette allo stesso limite standard di 24 settimane. “Le persone non dovrebbero essere trattate in modo diverso a causa delle loro disabilità (…), è una vera e propria discriminazione”.
La sua campagna, iniziata diversi anni fa, prima che si sposasse, l’ha vista anche fare direttamente appello all’ex ministro della Sanità Matt Hancock l’anno scorso. “La legge è profondamente offensiva”, ha scritto. “Un bambino senza sindrome di Down può essere abortito fino a 24 settimane, ma un bambino come me e James può essere abortito fino alla nascita, (…) vogliamo mostrare al mondo che abbiamo una buona qualità della vita”.
Lord Shinkwin, un pari Tory che ha un problema di fragilità ossea, aveva cercato di raggiungere lo stesso obiettivo nel 2017. Il suo progetto di legge sull’aborto (disabilità) è arrivato alla discussione finale nella Camera dei Lords dopo cinque mesi di dibattito il 24 febbraio. Ma l’ostruzionismo in aula di sette Pari ha impedito che diventasse legge. “Non vogliono che i bambini disabili vedano la luce del giorno”, disse allora Lord Shinkwin.
Sebbene l’atteggiamento nei confronti della sindrome di Down sia cambiato significativamente negli ultimi 40 anni, questo non si riflette nelle attuali disposizioni legislative. Negli anni ’60 le persone con sindrome di Down alla nascita venivano quasi automaticamente affidate a strutture. Negli anni ’80, il governo ha iniziato a reinserire le persone nella comunità dopo che una serie di rapporti scandalosi aveva rivelato gli orrori della vita in quelle istituzioni.
Da allora, la salute e l’aspettativa di vita delle persone con sindrome di Down sono migliorate in modo significativo. La condizione genetica, causata da una copia in più di un cromosoma, colpisce 1 bambino su 700. Nel 1945 l’aspettativa di vita dei bambini con la sindrome di Down, che modifica lo sviluppo del cervello e del corpo, era di 12 anni. Oggi arrivano tranquillamente fino ai 60 anni a causa del risultato dei miglioramenti nel trattamento dei sintomi correlati. Acquisiscono frequentemente abilità lavorative e un certo grado di autosufficienza. Heidi Crowter, ad esempio, è felicemente sposata e lavora come parrucchiera per bambini.
Contrariamente alla credenza popolare, i fatti e le statistiche dimostrano che le persone con sindrome di Down sono felici della loro vita. In particolare uno studio del 2011 (Self-perception from people with Down Syndrome) ha rivelato che il 99% degli intervistati era felice della propria vita e amava la propria famiglia e al 97% piaceva chi erano.
Eppure, nonostante ciò, il tasso di aborto o “uccisione sistematica” di bambini disabili, come ha affermato Lord Shinkwin, è stimato al 90% per la sindrome di Down a causa della costante pressione a cui le donne sono sottoposte una volta che la diagnosi conferma la sindrome.
Máire Lea-Wilson è stata messa sotto pressione tre volte per abortire dopo che una ecografia a 34 settimane ha rivelato che suo figlio aveva la sindrome di Down. “Ho due figli che amo e apprezzo allo stesso modo, ma la legge non li valuta allo stesso modo”, dice. “La mia motivazione per intraprendere questa azione legale congiunta con Heidi è sempre stata semplice. Come madre, farò tutto quanto possibile per garantire un trattamento giusto ed equo a mio figlio Aidan”. La signora Lea-Wilson ha affermato che il caso “non riguarda i pro e i contro dell’aborto” ma “la rimozione di un caso specifico di disuguaglianza presente nella legge”.
Cheryl Bilsborrow, il cui figlio di due anni Hector ha la sindrome di Down, ha raccontato una storia simile quando ha parlato alla BBC. Ha detto che, come madre anziana, si era sentita spinta a fare un test per verificare se il suo bambino avesse la sindrome di Down. Poi, ha aggiunto, si è sentita “spinta ad abortire”, e le è stato proposto un aborto tre giorni prima di dare alla luce Hector. Ha descritto Hector come un bambino “splendido” e amato.
Due mamme dell’Hampshire, in Inghilterra, hanno anche girato un film per sfatare i miti riguardo la genitorialità di bambini Down. L’obiettivo è diffondere maggiori informazioni sulla sindrome di Down in modo che più famiglie siano disposte ad accettare bambini affetti da questa condizione piuttosto che ucciderli prima di darli alla luce. Esse affermano che la paura che le persone provano quando viene detto loro che il loro bambino ha la sindrome di Down non è necessaria se i genitori sono supportati e informati che i loro figli possono crescere in modo indipendente e vivere comunque una vita appagante.
Invece, il generale flusso di informazioni va sostanzialmente nell’unica direzione dell’eliminazione della disabilità mediante l’aborto, senza offrire alternative e fornendo ai genitori informazioni obsolete o fuorvianti. “Durante questo periodo di grande vulnerabilità, mi è stato detto che mio figlio non sarebbe stato in grado di vivere in modo indipendente, avrebbe potuto non essere in grado di camminare o parlare, avrebbe sofferto attraverso interventi chirurgici per correggere i suoi problemi intestinali e possibili difetti cardiaci congeniti, che c’era un’alta probabilità di morte in utero e che avrebbe reso le nostre vite molto più impegnative”, ha detto Lea-Wilson in una dichiarazione pubblicata da Sky News. Ha poi aggiunto che ricevere ripetute proposte di aborto le ha dato la sensazione che la sindrome di Down “deve essere davvero molto, molto brutta. Ma ora posso dire: questa legge, che consente l’aborto fino alla nascita, è superata e possiamo fare molto meglio di così”.
Anche il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha costantemente criticato i paesi che prevedono l’aborto sulla base della disabilità.
L’avvocato Paul Conrathe, che rappresenta Crowter e Lea-Wilson, è ottimista e ha definito l’udienza dell’Alta Corte un “momento estremamente significativo”. Ha detto: “La Corte ha riconosciuto che è possibile discutere che lo Stato agisca illegalmente nei confronti dei bambini con sindrome di Down consentendo loro di essere abortiti fino alla nascita”.
E se avrà successo, potrebbe essere la prima vittoria in una guerra per salvare altre vite di disabili dai nuovi mattatoi eugenetici, in un mondo che ha dimenticato che ognuna di queste vittime era un essere umano unico, insostituibile, fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Patricia Gooding-Williams
5 luglio 2021
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