Von der Leyen minaccia Orban e i magiari, ma sul ddl Zan che viola la libertà di espressione nel nome dei diritti Lgbt non dice una parola
L’Unione Europea ricatta l’Ungheria e minaccia di sospendere i fondi del Recovery Fund ai magiari, pari a 7,2 miliardi di euro, se non cambieranno la legge per combattere la pedofilia. È questa l’interpretazione che dava ieri Repubblica della mancata approvazione da parte della Commissione Europea del Pnrr ungherese. Formalmente, c’è tempo fino a domenica e nessuno ha detto esplicitamente che la ragione del tentennamento è una pressione politica per spingere Viktor Orban a tornare sui suoi passi. Ma il sospetto c’è.
Il ricatto dell’Ue all’Ungheria
La legge in questione, entrata in vigore ieri, ha scatenato un putiferio in Europa perché, tra le altre misure, vieta alle scuole di trattare con i ragazzi inferiori ai 18 anni temi come il cambio di genere, l’identità di genere e l’omosessualità. Per Bruxelles è «un vergognoso attacco ai giovani Lgbtq», come ha detto Ursula von der Leyen, «e contraddice i valori fondamentali dell’Ue».
Dopo la lettera contro l’Ungheria firmata da 17 capi di Stato e di governo europei, tra cui Mario Draghi, l’Ue ha aperto una procedura di infrazione contro Budapest accusandola di violazione dei Trattati. Il procedimento è ancora in corso, ma ora la Commissione Europea avrebbe deciso di adottare misure più dure, seguendo la linea proposta dal presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che due settimane fa ha proposto di «sospendere i fondi a favore dell’Ungheria» fino a quando non cambierà la legge.
Il ministro della Giustizia ungherese, Judit Varga, ha smentito che sia in atto un simile piano e ha affermato che per quanto riguarda il Pnrr magiaro «la trattativa in corso e prosegue il dialogo costruttivo con l’Ue». La prospettiva però che Bruxelles stia ricattando Orban è inquietante.
Il rapporto Matic distrugge i Trattati
Von der Leyen ha usato parole durissime contro l’Ungheria, affermando in particolare che «non lasceremo mai che una parte della nostra società sia stigmatizzata a causa di quello che pensano, della loro etnia, della loro età, delle loro opinioni politiche o credi religiosi. Perché quando difendiamo parti della nostra società, noi difendiamo la libertà di tutta la società».
Se vuole essere credibile, però, la presidente della Commissione Europea dovrebbe innanzitutto guardare in casa sua. Il 24 giugno, ad esempio, il Parlamento europeo ha approvato a maggioranza il rapporto Matic che, per quanto non vincolante per gli Stati, definisce l’aborto addirittura come un «diritto umano» (dicitura in contrasto con la legge italiana), nonché una «prestazione sanitaria essenziale». Von der Leyen non ha nulla da dire a riguardo di una negazione così scandalosa del diritto alla vita dei bambini nel grembo delle madri?
Il ddl Zan viola numerosi diritti
Lo stesso rapporto Matic descrive l’obiezione di coscienza per i medici davanti all’aborto come «negazione all’assistenza medica», chiedendo agli Stati membri di abolirla. Von der Leyen non ha nulla da obiettare alla violazione della libertà religiosa e della libertà di coscienza? Non sono anche questi diritti contenuti nei Trattati ai quali fa riferimento?
E per rimanere in Italia, il 13 luglio inizierà al Senato la discussione del ddl Zan. Questo, come ribadito da importanti esponenti di tutte le categorie professionali e di tutti i partiti politici (Pd compreso), riconosce i diritti Lgbt che tanto piacciono a Bruxelles ma viola la libertà di espressione. Tanto da spingere il Vaticano a protestare formalmente contro la legge. Von der Leyen potrebbe andare a rispolverare i Trattati: siamo sicuri che vi troverà dentro anche il diritto alla libertà di espressione.
L’unica vera «vergogna»
Eppure per tutti questi casi non si è levata neanche una flebile voce da parte dell’Ue e della novella paladina dei cosiddetti diritti gay. La crociata lanciata da von der Leyen e da Bruxelles contro l’Ungheria è pertanto inquietante. E il ricatto verso i magiari (cambiate la legge o non vi diamo i soldi ai quali avete diritto), questo sì un bell’esempio di ingerenza e autoritarismo, è l’unico aspetto «vergognoso» di un braccio di ferro politico che contribuisce a offuscare l’immagine delle istituzioni europee
Leone Grotti – Tempi – 8 Luglio 2021