Guardare alla realtà senza paura per scoprire il buono che c’è: è l’invito con cui Francesco conclude il suo intervento nel tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci di Roma. Il Papa ha risposto alle loro domande sulle diverse fasi della vita sacerdotale.
Un dialogo quello tra Papa Francesco e i parroci romani nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che è partito dalle domande che i sacerdoti hanno desiderato fare al Papa e a cui lui risponde rivolgendosi prima ai sacerdoti più giovani, poi a quelli di mezza età e quindi ai più anziani. Si tratta del tradizionale incontro d’inizio quaresima con il clero romano ed è sempre un’occasione importante per Francesco per esprimere il suo pensiero sull’essere sacerdoti e su come affrontare le sfide poste oggi dal mondo.
I più giovani: come vivere pienamente la vocazione
La domanda dei più giovani è complessa: chiedono come fare a vivere pienamente la loro vocazione in mezzo a mille circostanze non sempre favorevoli. Francesco va al nocciolo della questione e consiglia di lasciar perdere le circostanze. Quello che è necessario fare è trovare il modo per andare avanti, per vivere in modo giusto i propri impegni. E parla di uno “stile” sacerdotale che deve essere personale. Ciascuno ha il suo. “Sì, il sacerdozio – dice – è un modo di vivere, è una vocazione, un’imitazione di Gesù Cristo, in un certo senso; ma il tuo sacerdozio è unico, nel senso che non è uguale all’altro. Cerca il tuo stile. Non guardare tanto le circostanze che chiudono le uscite. Cerca il tuo stile: il tuo stile di prete e personale”. E invita i sacerdoti al dialogo faccia a faccia con il Signore, e al discernimento che tenga conto dei peccati, dei limiti posti dalle circostanze, ma anche di quelli culturali e personali: bisogna dialogare con loro. Da qui il consiglio:
Il perdono è lì, ma poi tu devi dialogare con quella tendenza che ti ha portato a un peccato di superbia, di vanità, di gelosia, di chiacchiere, non so … Cosa mi porta a quello? Dialogare con il limite che ho dentro, e discernere. E il dialogo, con questi limiti, sempre – per essere ecclesiale – si deve fare davanti a un testimone, a qualcuno che mi aiuti a discernere. E lì è tanto importante il confronto: questo che succede a me confrontarlo con un altro. Il bisogno del confronto.
Cercare dunque un uomo saggio che guidi, aiuti, dialoghi e aiuti nel discernimento. Perché il sacerdote è un uomo celibe, “ma non può vivere solo, senza un compagno di cammino, una guida spirituale”. Una cosa che aiuta tanto, dice ancora Francesco, sono i “piccoli gruppi di sacerdoti che si accompagnano: la fraternità sacerdotale. Si incontrano, parlano e questo è importante, perché la solitudine non fa bene. Non fa bene”.
Nell’età matura la crisi come in tanti matrimoni
La seconda risposta è ai sacerdoti che hanno un’età tra i 40 e i 50 anni: un’età in cui tanti ideali apostolici si ridimensionano, l’appoggio della famiglia di origine si affievolisce, anche la salute inizia a dare qualche problema. C’è poi il super-lavoro che ha disabituato i sacerdoti a prendersi cura di se stessi adesso che ne avrebbero bisogno. I parroci chiedono al Papa qualche indicazione in merito a tutto questo e Francesco parla di una seconda chiamata del Signore:
E’ un momento di molte tentazioni, è un momento nel quale ci vuole una necessaria trasformazione. Non si può continuare senza questa necessaria trasformazione, perché se tu continui così, senza maturare, dare il passo in questa crisi, finirai male. Finirai nella doppia vita, forse, o lasciando tutto … Ci vuole questa necessaria trasformazione. Non ci sono più quei primi sentimenti e succede come nel matrimonio: non ci sono più innamoramento, entrare in amore, quello … nella emozione giovanile … no … Le cose si sono calmate, vanno in un altro modo. Ma sì, rimane una cosa che dobbiamo cercarla dentro: il gusto dell’appartenenza.
Appartenenza ad un corpo – spiega – il piacere di condividere, di camminare insieme. Appartenenza alla diocesi, al presbiterio…e anche qui il consiglio: cercare aiuto , subito, “perché è pericoloso andare avanti da soli in questa età”. Un’età in cui la preghiera diventa donazione al Signore e donazione agli altri che devono crescere mentre tu diminuisci, dice il Papa, perché è il tempo della fecondità, tempo della potatura e anche delle tentazioni. Infine tempo per cominciare a imparare “a congedarsi”, perché “questo non si improvvisa”.
Come superare l’inadeguatezza: gli anziani hanno tanto da dare
La terza risposta è al gruppo dei sacerdoti con 35, 40 e più anni di ministero. Siamo passati attraverso fasi di cambiamenti rapidi, dicono al Papa nella loro domanda, “non di rado ora sentiamo la fatica e l’inadeguatezza e non sempre possiamo attingere all’esperienza per corrispondere alle nuove domande e alle esigenze del ministero”. E chiedono di sapere come il Papa ha vissuto il passaggio alla stagione matura del suo ministero sacerdotale, quali “i punti fermi della sua vita spirituale” . Una difficoltà vera, conferma il Papa, quella di non riuscire a trovare il linguaggio di oggi, delle nuove tecnologie, ad esempio, ma “la cosa più importante a questa età è quello che si può fare: quello di cui oggi ha bisogno la gente”.
Questa età è l’età del sorriso, afferma Francesco, offrire uno sguardo amabile. E questo si può fare. E’ il tempo di offrire un perdono senza condizioni nel Sacramento della Riconciliazione, ma non solo: si può avere una nuova disponibilità:
Si può avere vicinanza, la compassione di un padre. I padri anziani, che conoscono la vita, sono vicini alle miserie umane, vicini ai dolori. Non parlano troppo, ma forse, con lo sguardo, con una carezza, con il sorriso, con una parola, fanno tanto bene. Si può ascoltare tanto, tanta gente che ha bisogno di parlare della propria vita, di dire. Ascoltare nel tempo di fare i ministero dell’ascolto. La pastorale dell’orecchio.
Importante il dialogo tra gli anziani e i giovani
Infine, il Papa parla di un aspetto importante: il rapporto dei sacerdoti anziani con i giovani, importante, perché è dare radici ai giovani.
I giovani hanno bisogno di radici, oggi che questo mondo tanto virtuale, di una cultura virtuale senza sostanza, strappa loro le radici o non li fa crescere, le fa perdere loro. E questa è un’urgenza del tempo, che i sacerdoti anziani possono fare: aiutare i giovani a trovare le radici. E’ una speciale vocazione per i sacerdoti che stiamo in questa età. Con i giovani per essere sognatori con i giovani.
L’esperienza personale di Francesco
Il Papa poi confida qualcosa della sua esperienza, di quando terminato un incarico importante di governo si è sentito senza nulla da fare e lì è cominciato “un tempo di grande desolazione, un tempo oscuro. Io credevo che fosse già la fine della vita, perché io credevo che la pienezza della mia vocazione era nel fare le cose”. E dice che ciò che l’ha aiutato è stata la preghiera davanti al tabernacolo.
Nella realtà di oggi c’è anche molto positivo
Infine il rapporto tra il presbitero e l’uomo, la società di questo tempo. Francesco dice che bisogna guardare la realtà così com’è, “perché la realtà nasconde sempre qualcosa di sublime. Vedere la realtà, non avere paura della realtà. Sì, ci sono condotte, anche condotte morali, che non sono quelle che noi siamo abituati a vedere. (…) Ci sono sfide, ma ci sono realtà anche buone”.
Essere in dialogo – conclude Francesco – “E’ vero: il mondo è peccatore in se stesso e mondanizza tante cose; ma forse, il nocciolo viene dallo Spirito e si può prendere questo. Discernere bene i segni del tempo”.
Adriana Masotti
VaticanNews, 15 febbraio 2018