L’americano James Martin ha scritto un “manuale” per sostenere le sfide quotidiane basato su Ignazio di Loyola e gli altri santi della Compagnia di Gesù. Negli Usa è un bestseller .
Non si può non cominciare dal “presupposto”: «Ogni buon cristiano dev’essere più pronto a salvare una affermazione del prossimo che a condannarla». Il consiglio di Ignazio di Loyola, che apre i suoi Esercizi spirituali, ci aiuta a penetrare meglio nella personalità di papa Francesco, nel suo costante tentativo di entrare in dialogo anche con chi pare più lontano dalla Chiesa cattolica, come Eugenio Scalfari. La citazione del fondatore dei gesuiti arriva a pagina 295 del saggio di James Martin, dal curioso titolo Guida del gesuita… a quasi tutto (edizioni San Paolo, pagine 530, euro 25,00), una sorta di manuale zeppo di istruzioni concrete per la vita quotidiana, non solo in campo spirituale.
Il teologo statunitense, che prima di convertirsi dopo aver visto un documentario in tv su Thomas Merton è stato un manager della General Electric, ha scritto un libro che in un certo senso è un “non libro”, in cui si passa da brani dedicati alla vita di Ignazio e dei suoi amici a barzellette gustose sull’ordine, da consigli preziosi su come prendere le decisioni importanti nella propria vita a come vivere in maniera non opprimente la propria professione, sia che si rivesta un ruolo importante in campo culturale, economico o politico, sia che si svolgano lavori umili.
Come nel caso di due gesuiti cresciuti insieme e divenuti amici. L’uno, Pedro Claver, inviato dalla nativa Spagna a Cartagena, in Colombia, luogo simbolo della schiavitù, e diventato famosissimo in tutto il mondo per la sua opera tanto da essere chiamato il santo degli schiavi; l’altro, Alfonso Rodriguez, incaricato a Maiorca del ruolo di portinaio, eppure capace con la sua vita condotta in tutta semplicità di diventare anch’egli santo.
Il libro di Martin, che di recente ha fatto discutere per un suo saggio in cui invita a evangelizzare anche il mondo dei gay e dei transgender, è ricco anche di aneddoti personali che consentono al lettore di entrare nella mentalità propria del gesuita, del modo di procedere durante l’esistenza attraverso consigli e decisioni che si rifanno direttamente alle istruzioni di Ignazio, valide non solo per chi vuole intraprendere una strada di spiritualità ma per chiunque. Come quando presenta il concetto di “agere contra”. Quando ci si trova di fronte a una “non libertà”, Ignazio consiglia di agire in senso opposto, così da liberarsi da ogni pregiudizio: è accaduto proprio al nostro auto- re, che al tempo del noviziato disse al suo precettore che l’ultimo posto dove avrebbe voluto andare era un ospedale, ed è esattamente quanto accadde!
Prima di prendere una decisione importante, ogni gesuita cerca di essere “indifferente”, vale a dire di liberarsi di tutti i preconcetti e fare un passo indietro, in modo da essere psicologicamente liberi. Ci sono “tre tempi” che toccano ogni processo decisionale. Il primo è dato dall’evidenza ed è esemplificato da quanto capita a Paolo sulla via di Damasco: la luce dal cielo gli indica la strada da percorrere ed egli lo fa senza alcun dubbio. Può accadere quando ci accorgiamo di avere una fortissima passione per un mestiere, che sia fare il cantante o l’attore. Il “secondo tempo” invece è meno chiaro e prepotente dell’amore a prima vista. Occorre meditare su quale opzione dà più consolazione: può essere utile immaginare di vivere con le varie scelte che abbiamo davanti per un certo periodo di tempo e vedere quale procura un senso di pace più elevato. Infine, il “terzo tempo” è quando sono rimaste due alternative, assai valide entrambe.
Meglio comprare una casa nuova o restare nel piccolo appartamento in cui si vive? Qui entrano in gioco fattori economici ed emotivi. Innanzitutto va stilato un elenco delineando gli aspetti positivi o negativi delle due opzioni. Poi ci si può mettere nei panni di un amico che si trovi nella stessa situazione: cosa gli consiglieremmo? Infine, bisogna chiedersi quale scelta ci renderà migliore, in senso umano e spirituale, di quello che siamo. Come si vede, un metodo complesso, una tecnica che a forza di esercitarsi per un gesuita diventa naturale ma che può essere praticata da ciascuno di noi. Sapendo che alla fine potremo trovarci anche di fronte al fallimento: non esiste una decisione perfetta. «Tutte le sinfonie restano incomplete », ha scritto Karl Rahner.
Sempre Ignazio suggerisce di non farsi prendere dal sovraccarico, conciliando vita attiva e vita contemplativa. Anche questo è un consiglio che vale per chiunque, pensando ai sempre più rari momenti di solitudine che la vita contemporanea ci riserva. È essenziale invece trovare il tempo per raccogliersi, per fare silenzio e ricavarsi un po’ di pace interiore. Così come occorre avere una cura di sé e del proprio corpo, mantenendo un equilibrio tra lavoro e riposo.
«Che il vostro servizio sia ragionevole», scrive ancora Ignazio invitando a non farsi prendere dalla smania di strafare.
Ancora sul mondo del lavoro, può accadere di stare in un ambiente in cui domina la competizione sfrenata quando non addirittura un comportamento aggressivo. Anche qui occorre distacco: non c’è bisogno di essere a propria volta meschini, anzi va esercitata la gentilezza. Poi si può cercare di essere da lievito per un cambiamento in positivo e, se si capisce che tale cambiamento non è possibile, essere capaci di aiutare ugualmente gli altri nelle proprie fatiche, soprattutto chi è in difficoltà. È quanto fece san Pedro Claver, che visse tutta la vita a fianco degli schiavi senza riuscire a eliminare la piaga della schiavitù.
La cultura del lamento è una piaga da cui dobbiamo guardarci. A volte poi – ci suggerisce Martin – può essere necessario sacrificare un po’ di mobilità verso l’alto in cambio di una coscienza pulita. Non a caso sempre Ignazio ci mette in guardia dalla triade «ricchezze, onori, orgoglio», contro cui dovremmo sempre lottare.
Dal volume di Martin, che in Usa è stato un vero e proprio best seller, si apprendono anche le importanti invenzioni dei gesuiti (dalla botola scenica nei teatri al chinino e alla scoperta delle sorgenti del Nilo), così come sono tratteggiate alcune figure straordinarie (da Matteo Ricci ad Athanasius Kircher fino a Teilhard de Chardin) e ricordati film di cui furono protagonisti (da Mission a Fronte del porto).
E poi vi sono decine di esempi tratti dalle loro vite, come Francesco Saverio e Piero Favre, i primi compagni di Ignazio. Il primo evangelizzò l’India e poi l’Asia ma la morte improvvisa lo fermò alla soglie della Cina. «Per questo – scrive Martin – sentì di aver in qualche modo fallito». In realtà fu il più grande missionario della Chiesa dai tempi di san Paolo. Il secondo trascorse molti anni a intrecciare rapporti con le nuove confessioni cristiane del suo tempo, quando cattolici e protestanti si consideravano nemici. Anch’egli partiva dal “presupposto”, si rifiutava di condannare in via di principio le azioni altrui e cercava di capire quali fossero le intenzioni del suo prossimo, spesso oneste e innocenti. Insomma, pur tra mille difficoltà metteva in pratica la lezione di Ignazio sul dialogo con l’altro. Quella lezione che anche papa Francesco sta realizzando nonostante le avversità.
Roberto Righetto
Avvenire.it, 24 febbraio 2018