PROVITA&FAMIGLIA – L’eutanasia è il tradimento del giuramento d’Ippocrate

L’antico giuramento d’Ippocrate, prima che venisse modificato, recitava così: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo”. Per più di duemila anni questo giuramento ha tutelato i malati rispetto ai potenziali abusi dei medici, che s’impegnavano a non uccidere e a non facilitare la morte dei loro pazienti.

In molti paesi, con la legalizzazione prima dell’aborto e poi dell’eutanasia e del suicidio assistito, questo giuramento è stato difatti infranto e i medici sono paradossalmente diventati una potenziale minaccia per i malati. Proprio coloro che dovrebbero occuparsi della cura e della preservazione della vita sono stati infatti trasformati in portatori di morte.

Si tratta di una ferita profonda per tutto il corpo sociale, perché nel momento in cui uno stato legalizza l’eutanasia è come se affermasse che una certa forma di omicidio è una cosa buona. Un’apertura di questo tipo non può che portare a conseguenze nefaste, perché quando s’inizia a mettere in discussione la dignità della vita di una categoria di persone si finisce poi inevitabilmente per sminuire il valore della vita in generale.

Le grandi civiltà sono fondate sulla cura e sull’attenzione verso i deboli e i sofferenti, quindi la legalizzazione dell’eutanasia apre di fatto le porte alla barbarie. Chiunque voglia evitare questa triste evenienza deve impegnarsi in prima persona per difendere la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. In gioco c’è anche il bene delle future generazioni.

Filippo D’Amico

16 novembre 2021

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