«Questo è un tema del Parlamento». Ha sempre risposto più o meno così, Mario Draghi, tutte le volte che qualche giornalista gli aveva chiesto conto di posizioni sui temi etici. Sembrava, in proporzione, il Presidente del Consiglio si fosse preso maggiormente a cuore il ddl Zan – «L’Italia è uno Stato laico non confessionale», sottolineò in Parlamento in risposta alla Nota verbale del Vaticano – , ma il destino poi avuto dalla legge contro l’omotransfobia, naufragata in Senato lo scorso ottobre, dimostra che così, in fondo, non era.
La musica però potrebbe essere cambiata, o almeno c’è chi teme sia così. Il momento di rottura rispetto all’equidistanza fin qui tenuta in campo etico si è consumato nella conferenza di fine anno tenuta dallo stesso Mario Draghi. In quella sede, in effetti, l’ex governatore della Bce, rispondendo alle domande sulla posizione del suo esecutivo rispetto ai referendum su eutanasia di Stato e liberalizzazione delle droghe, ad un certo punto, ha affermato: «Il governo non si costituirà contro l’ammissibilità dei referendum. Non ne ha alcuna intenzione».
Ora, anche a chi non mastichi di cose politiche apparirà chiaro come, con simili parole, il Premier abbia scelto di chiamarsi fuori da ogni battaglia in favore della difesa della vita terminale o malata e contro la legalizzazione degli stupefacenti. Il punto è in queste parole sembra esserci qualcosa di più d’un semplice chiamarsi fuori da certe battaglie. Ne è convinto Alfredo Mantovano, giudice di Cassazione e Vicepresidente del Centro Studi Livatino, team di giuristi da anni attivo sul diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa.
Intervistato dal quotidiano La Verità il giorno della vigilia di Natale, il magistrato ha avuto modo di esplicitare il suo pensiero sulle parole di Draghi, che è di perplessità. «Sono rimasto non poco sorpreso dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, nei cui confronti ho sempre avuto molta stima anche per il lavoro che ha svolto finora», ha premesso Mantovano, per poi aggiungere: «La mia sorpresa trae origine da due ragioni. Il primo è l’annuncio del governo di non costituirsi contro l’ammissibilità dei referendum, con esplicito riferimento a quello dell’eutanasia che, in realtà, riguarda l’omicidio del consenziente»
Il fatto è che il governo, ha aggiunto il giudice, si è quasi sempre costituito – salvo quando la neutralità governativa era doverosa, come in materia elettorale – nel relativo giudizio davanti alla Consulta. Il Vicepresidente del Centro Studi Livatino ha poi sottolineato quella che a suo dire è stata una sottolineatura, da parte del premier, ancora più pesante: «La rivendicazione dei due decreti legge con cui il governo ha permesso di far slittare i termini – sia per l’inizio sia per la conclusione – della raccolta delle firme per i referendum. Ora, tale slittamento, senza precedenti, è stato decisivo per far superare la soglia delle 500.000 firme per il referendum sulla droga».
Difficile considerare tale mossa un riconoscimento delle difficoltà del momento legate alla raccolta di firme, aggiunge Mantovano. E questo sia perché è stato reso tutto più facile con le firme elettroniche, sia perché poi le firme sono state raggiunte nei tempi ordinari sull’omicidio del consenziente e per i referendum sulla giustizia – anche se per questi, poi, sono intervenuti i consigli regionali -, quindi la pandemia non c’entra nulla.
Va detto che questi due decreti sono stati fatti propri dal governo in una seduta in cui dal Consiglio dei ministra mancava la Lega, quindi non bisogna pensare che le parole di Draghi alla conferenza stampa di fine anno riguardino la volontà del governo nel suo insieme. Inoltre, c’è il citato precedente della legge Zan: sembrava che Draghi si fosse schierato in sua difesa, poi, fortunatamente, è finita come tutti sappiamo. Tuttavia, non si può neppure fare finta che le dichiarazioni commentate dal giudice Mantovano Draghi non le abbia fatte.
Ergo, quello che viene si annuncia nelle migliore delle ipotesi, per il mondo pro life e pro family, un anno intenso, in cui bisognerà promuovere culturalmente le proprie istanze e tenere alta la guardia. E tutto questo senza mai dare nulla per scontato. Come recitava Al Pacino nel suo celebre monologo nel film Ogni maledetta domenica, è tutta una questione di centimetri. Di apparenti dettagli. E per ogni centimetro, se ci si crede davvero, bisogna dunque essere disposti a lottare.