Svezia, preoccupati che l’islam fondi le sue scuole coraniche (madrasse) i socialisti vogliono cancellare tutte le scuole religiose che sono, a maggioranza, cristiane. Insomma: punirne cento per educarne una. Parrebbe proprio questa la logica dietro al programma per l’educazione del Partito Socialdemocratico (al governo).
La Svezia continua ad essere un modello. Nel bene e nel male ci mostra quel che potremmo essere tutti nel prossimo futuro. Alle prese con un problema di mancata integrazione di una crescente popolazione islamica, che applica al suo interno sia le sue leggi che la propria educazione religiosa, il Partito Socialdemocratico promette, nel programma per le prossime elezioni autunnali, di lottare contro tutte le scuole confessionali. Tutte, comprese quelle cristiane che sono la stragrande maggioranza degli istituti liberi. “L’influenza delle religioni non deve trovare spazio nelle scuole svedesi – recita il manifesto programmatico – I Socialdemocratici vogliono fornire una buona educazione e tutti i bambini, a prescindere dalla loro provenienza, sesso o religione”.
Come si è giunti a una proposta così radicale? La Svezia ha un sistema di istruzione misto. La maggior parte delle scuole sono municipali, gestite dai comuni di appartenenza. Dagli anni 90, con le riforme liberali, è però cresciuta anche l’istruzione delle scuole libere (l’equivalente delle nostre scuole paritarie), che ricevono fondi pubblici, seguono linee guida del governo, ma sono gestite in modo indipendente dai proprietari e fondatori. Nella minoranza delle scuole libere confessionali, 59 sono cristiane, 11 musulmane e 1 ebraica. Da dove è nata la polemica? Da una delle 11 scuole musulmane, la Al Azhar di Stoccolma. Un servizio televisivo di Tv4, dell’aprile 2017, ha mostrato i bambini delle elementari che salivano a bordo degli scuolabus da entrate differenti, a seconda dei sessi. In pratica: segregazione sessuale, come nei regimi islamici in cui vige la sharia. All’inizio la reazione è stata la solita: negare l’esistenza del problema. L’ombudsman anti-segregazione svedese ha assolto la scuola. Il motivo della separazione, così diceva, non era la segregazione sessuale, ma la disciplina, perché i bambini maschi erano un po’ troppo molesti nei confronti delle compagne femmine. Eppure… pare che la separazione fosse in uso anche all’interno della scuola, in particolar modo nelle lezioni di ginnastica. Del caso si era occupato anche il governo. La polemica non si è estinta tuttora.
La polemica è rinata un anno dopo, all’inizio di marzo, quando il preside musulmano Abdirisak Waberi ha proposto la fondazione di una nuova scuola islamica. I critici hanno ripescato un’intervista del 2006 in cui lo stesso preside cercava di giustificare la poligamia e affermava di voler vivere in uno Stato in cui fosse applicata la sharia. Il ministro dell’Istruzione Gustav Fridolin ha allora lamentato che, secondo la legge vigente, sia impossibile, per l’amministrazione locale, indagare sul passato delle persone e delle organizzazioni che vogliono fondare una nuova scuola libera. La paura è concreta: quella che anche in Svezia, come nei regimi islamici, si moltiplichino le madrasse, le scuole coraniche. L’11 marzo il ministro ha dichiarato al quotidiano Aftonbladet: “Il quadro normativo sarà riformato in senso più restrittivo (…) Tutti coloro che non sostengono i valori fondamentali dell’uguaglianza e dei diritti umani non dovrebbero poter aprire una scuola libera”. Concetto già abbastanza ambiguo, che rivela la sua natura prettamente anti-religiosa nel passaggio successivo: “Nessun bambino deve essere esposto (sic!) all’obbligo diretto o indiretto di prender parte ad attività religiose in ogni scuola svedese (…) Tutte le scuole devono essere libere da ogni influenza religiosa”. E qui il discorso cambia drasticamente. Perché a questo punto non si parla più di diritti umani contro la segregazione, ma di un programma laicista da imporre alle scuole, contro le religioni. Più vicino alla logica di un regime comunista che non di un paese libero.
Il Partito Socialdemocratico e i Verdi, che compongono la coalizione del governo, hanno preso sul serio questi propositi e stanno studiando il modo di trasformarli in legge. Il giurista Lars Arrhenius è stato incaricato del compito di redigere la nuova legge nel rispetto della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Nel manifesto di introduzione già si legge che, secondo la nuova legge, tutte le scuole devono essere uguali e in esse sia i genitori che gli studenti devono “essere certi che l’insegnamento sia basato sulla scienza e sull’esperienza provata, non sui dogmi religiosi”. In perfetta buona fede, in merito alla sua esperienza, il ministro della Pubblica Amministrazione, Ardalan Shekarabi, di origine iraniana, ricorda che: “Provengo da un paese in cui l’influenza religiosa e la segregazione sessuale erano presenti in ogni scuola. Non vorrei mai permettere che questa forma di oppressione, da cui sia io che molti altri siamo fuggiti, possa prender piede anche nelle scuole svedesi”. Vero, ma aggiunge: “Nelle scuole svedesi devono governare gli insegnanti e i princìpi, non i preti e gli imam”. Ecco, in tutto questo: che c’entrano i preti? Perché per impedire casi di segregazione sessuale e possibili violazioni dei diritti umani nelle scuole coraniche, si deve punire anche la stragrande maggioranza di istituti cristiani? Il problema è concreto: prova ne è che l’unica scuola libera ebraica di Svezia è riuscita a ottenere garanzie di intoccabilità. Quindi il provvedimento riguarda proprio tutte le religioni.
Il problema è serio, perché riflette sempre il solito limite della cultura laicista, che si ripropone in ogni crisi, in ogni paese europeo. E’ il rifiuto, da parte di un governo laicista, di distinguere fra religioni. Ed è il rifiuto di riconoscere le radici cristiane dell’Europa, senza le quali i diritti umani non esisterebbero neppure. E’ forse il singolo più grave problema di identità del nostro continente. Di fronte all’arrivo improvviso di un islam che chiede di applicare le sue leggi e la sua educazione, così aliene alle nostre, la prima reazione è la rimozione. Non si vuol vedere, non se ne vuol parlare, si trova ogni scusa per negare l’esistenza del problema per evitare di essere accusati di intolleranza religiosa e razzismo. Quando il problema diventa troppo grande per essere rimosso, allora scatta il secondo meccanismo di salvaguardia: sì il problema esiste, ma riguarda tutte le religioni allo stesso modo. Anche i cristiani. Quindi: via i crocefissi, assieme al velo islamico.
Stefano Magni
La Nuova Bussola Quotidiana, 20 marzo 2018