Tra le pieghe della tragedia che ha colpito l’intera Russia emergono storie di coraggio e generosità, come quella della professoressa Darsalija.
È salito a 64 il bilancio ufficiale delle vittime del rogo di domenica 25 marzo nel centro commerciale “Zimnjaja Višnja” di Kémerovo, popolosa città della Siberia occidentale. La maggior parte di esse – una quarantina – sono bambini e adolescenti.
L’incendio si è propagato dal quarto piano del megastore, accanto al salone dove stavano proiettando il film d’animazione Sherlock Gnomes che aveva attirato molti giovanissimi spettatori.
La tragedia ha colpito l’intera Federazione, e in molti si sono riversati nelle piazze delle grandi città, chi per esprimere silenziosamente il proprio dolore e la vicinanza alle famiglie delle vittime, chi per chiedere ad alta voce che si dica la verità sull’accaduto, chi per condannare la burocrazia e la politica lontana dalla quotidianità della gente.
Ma oltre le imbarazzanti comparse dei responsabili politici (il vicegovernatore della regione è riuscito a litigare in diretta tv con un padre che ha perso la moglie e tre figli), tra le pieghe della cronaca emergono anche storie di coraggio e generosità – se non vogliamo usare il termine carità.
La prima vittima identificata si chiamava Tat’jana Darsalija, aveva 37 anni e faceva l’insegnante di inglese e tedesco presso il locale Ginnasio n. 17. Domenica era al centro commerciale con la figlia quattordicenne Elja. «Quando è scoppiato il panico, ha portato fuori la figlia dall’edificio, ma quando ha sentito che nei piani alti c’erano ancora dei bambini intrappolati, è rientrata subito per aiutarli», ha raccontato Polina, una giovane testimone. Ma dall’edificio Tat’jana non è più uscita.
«Era una delle mie insegnanti preferite», racconta un suo alunno. «Prima non mi piacevano le lezioni di inglese, ma lei è riuscita a suscitare il nostro interesse. Quando suonava la campanella, eravamo tutti dispiaciuti che la lezione fosse già terminata».
Tat’jana aveva insegnato precedentemente alla Scuola n.6, e poi era passata al Ginnasio 17 dove studia anche la figlia.
«Non era solo una brava insegnante ma anche una persona buona», ha aggiunto Polina. «Quando si accorgeva che qualche studente era di cattivo umore gli si avvicinava, chiedeva cos’era successo, cercava di aiutare nelle difficoltà».
I familiari delle persone scomparse, raccolti nel palazzetto dello sport, hanno voce solo per sussurrare il loro dolore. Ol’ga e Aleksandr L. hanno perso nel rogo le loro tre figlie: «La bambina continuava a chiamare al telefono, ma io non potevo fare nulla…». Accanto ai genitori anche alcuni sacerdoti che hanno trascorso con loro quella terribile notte. «Quando si sono placate le grida della disperazione, abbiamo cominciato a recitare le preghiere; prima, durante la notte, non sarebbe stato possibile».
Angelo Bonaguro
Tempi.it, 28 marzo 2018