Il rito liturgico ambrosiano celebra l’ultima domenica di gennaio la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Questa festa mi offre l’occasione per riflettere sulla famiglia fondata sul vincolo del matrimonio tra un uomo e una donna che trova origine nella legge naturale ed è un’ “istituzione divina”, essendo Dio stesso l’ideatore di questa unione che ha come fondamento “l’indissolubilità”. Ebbene, il matrimonio dovrebbe raggiungere due altissime finalità: la crescita nell’amore dei coniugi e la loro cooperazione alla generazione e alla rigenerazione dei figli. Dunque, nell’ottica cristiana, la paternità e la maternità sono il prolungamento dell’azione creatrice di Dio. Inoltre, i genitori, inoltre, sono chiamati anche alla “rigenerazione” dei figli nella fede chiedendo per loro il Battesimo che li costituisce “figli adottivi” di Dio e componenti della Chiesa inserendoli nella comunità cristiana.
L’aggressione odierna alla famiglia
Ma oggi «è in atto la più grave aggressione della storia all’avvenimento cristiano, ai valori cristiani, al patrimonio esistenziale cristiano. Solo delle anime eccezionalmente candide o eccezionalmente sciocche possono negarlo o non riconoscerlo. E questa aggressione trova uno dei principali bersagli proprio nella famiglia» (G. Biffi, Intervento all’Assemblea diocesana dell’Azione Cattolica della Chiesa di Bologna, 27.2.1994
Concordando con questa visione del cardinale G. Biffi di trenta anni fa, identifichiamo i molteplici motivi che pongono in crisi l’istituto matrimoniale.
-I nefasti modelli culturali di rapporti offerti dal contesto socio-culturale.
-L’ amore sempre più romantizzato.
-Il martellante discredito dell’ “impegno definitivo”.
-La rinuncia al “sacrificio” che ogni unione comporta.
-La separazione, in alcuni casi, tra matrimonio e procreazione.
-La figura che la donna ha dovuto assumere negli ultimi decenni: moglie, madre, lavoratrice.
-La figura del padre messa in discussione perdendo autorevolezza.
-La rinuncia di alcuni genitori all’educazione ai valori umani e cristiani, punti centrali di ogni programma pedagogico.
-L’esasperato individualismo.
Il compito educativo
Tra i molteplici compiti attribuiti alla famiglia, assume un’importanza primaria quello educativo.
E’ una delle sfide maggiori per i nuclei famigliari, che oggi soffrono profonde crisi di rapporti e, nella educazione dei figli, a volte sono impreparati a trasmettere certezze e valori, essendo condizionati e strumentalizzati da «una mentalità e da una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della “bontà della vita”» (Cfr.: Benedetto XVI, Lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). Per questo, notiamo negli educatori, una profonda crisi di fiducia che rende ostico modellare solide personalità.
E’ venuta meno la capacità educativa dei genitori, soprattutto dei più giovani, dove a volte sembrano assenti: il “coraggio dell’autorevolezza” nei confronti dei principi civili, sociali e religiosi; l’attitudine a trasmettere “l’identità valoriale” e la “memoria storica” della nostra cultura e delle nostre tradizioni; l’equilibrio tra “libertà” e “disciplina” affermando, nei modi più adeguati, dei “sì” e dei “no”, precisi e fermi, scordando il rilievo delle regole nella formazione del carattere e nella preparazione ad affrontare le sfide e le situazioni di disagio che la vita riserverà. Carenze che fanno crescere frotte di ragazzi insicuri, incapaci di gestirsi e totalmente ego-riferiti. Si ha l’impressione, inoltre, che i genitori, in alcune situazioni, siano percepiti maggiormente come “amici” che come “educatori”, essendo faticoso mostrarsi autorevoli quando è carente la presenza, la competenza, il coinvolgimento personale e la credibilità. Nessun ragazzo, adolescente o giovane, accetterà norme prive di un volto e di una storia. Allora, si propone come ideale prioritario “la ricerca della propria felicità” mediante il perseguimento di una supremazia da esprimersi svincolata da ogni tipo di obbligo.
E così, per i coniugi, è complesso affrontare le inevitabili difficoltà che la vita di coppia riserva e i figli, fragilissimi dentro ma pure sensibili ai valori se conosciuti ed insegnati, percepiscono un “malessere esistenziale”, frutto di un’educazione che ha rifiutato la pedagogia del sudore, della correzione e del sacrificio.
Gli oggetti hanno sostituito il contatto umano e la relazione educativa creando un preoccupante vuoto e, quando questi non soddisfano più, si sfida la vita fino al suicidio. Le statistiche di mostrano che il suicidio tra gli adolescenti è la seconda causa di morte e quella tra i giovani della fascia 25-34 anni è, addirittura, la prima.
I consigli di san Paolo
Un ottimo punto di riferimento per identificare i comportamenti da assumere all’interno di questo nucleo, sono le indicazioni che san Paolo offre alle famiglie della comunità di Colossi (3,12-21).
“Fratelli”, scriveva san Paolo, “rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente; …e siate riconoscenti”.
Questo è il clima che deve regnare nella famiglia affinché sia un’autentica comunità di amore. Nessuna altra comunità è più profonda, unifica le persone, rende l’uomo felice come la famiglia. Ma, nessuna altra comunità è esigente come la famiglia! La famiglia offre ad ogni suo componente “il massimo” ma richiede un ingente impegno sia dei genitori che dei figli. E perché la famiglia possa offrire “il massimo” occorre favorire un clima fondato sulla bontà, sull’umiltà, sulla pazienza, sulla mansuetudine e sulla dolcezza.
Inoltre, non può mancare il perdono, che significa sopportazione vicendevole, capacità di chiarirsi e di spiegarsi. San Paolo in altro contesto affermava: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira” (1 Cor. 12.2). Cioè, la sera, prima di addormentarsi è indispensabile chiarirsi e riconciliarsi, affinché il tempo non renda problematiche questioni banali.
Poi la riconoscenza: “siate riconoscenti !”. L’assenza di riconoscenza è la causa di varie freddezze e di innumerevoli incomprensioni.
E San Paolo continuava: “La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente”. Questo significa che Dio vuole essere “l’ospite fisso” nella famiglia. Un “ospite” che si ascolta, al quale ci si rivolge e che si prega.
Non scordiamo questa esortazione di san Giovanni Paolo II: “Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate, in consonanza coi sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età: Confessione, Comunione, Cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo sofferente? A invocare l’aiuto della Madonna e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, papà, sapete pregare coi vostri figlioli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio vostro nella rettitudine del pensiero e dell’azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche” (Familiaris Consortio, n. 60). Inoltre un clima orante ha come conseguenza “l’educazione alla carità”.
San Paolo concludeva il brano affermando: “voi figli obbedite ai genitori in tutto (…). E voi padri non esasperate i vostri figli perché non si scoraggino”.
Parole sagge e di intenso equilibrio poichè la famiglia, come affermato in precedenza, offre “il massimo” unicamente se funziona, cioè se ciascuno, dai più grandi ai piccoli, fa sempre e bene la propria parte, ricordando che lo sposo è diverso dalla sposa ed essere genitori è differente dall’essere figli; ma sposo e sposa, genitori e figli sono “un’unica cosa” nell’unità della casa.
Due annotazioni finali.
1.L’ educazione alla fede, ai valori e alla carità dovrà essere attuata anche nei vari ambiti educativi e scolastici. Da qui nasce I’impegno delle famiglie ad esigere dallo Stato, come già avviene in alcuni Paesi europei, la possibilità di scegliere liberamente la scuola per i propri figli, senza costi aggiuntivi, oltre che indicare i valori educativi che I’istituzione scolastica dovrà offrire.
Ciò trova il fondamento nel principio di sussidiarietà. Perciò «dobbiamo sostenere i genitori nella responsabilità di educare i figli, tutelando il loro imprescindibile diritto a dare ai figli l’educazione che ritengono più idonea. I genitori, infatti, rimangono i primi e principali educatori dei loro figli, pertanto hanno il diritto di educarli in conformità alle loro convinzioni morali e religiose» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, 3 ottobre 2014)
2.Attenzione all’ “ideologia del Gender” che alcuni vorrebbero inserire nei programmi scolastici e che altri subdolamente mascherano.
Don Gian Maria Comolli