Ci siamo posti come obiettivo di questa Quaresima 2023 “la santità”, un itinerario da percorrere accompagnati dall’Esortazione Apostolica «Gaudete et exultate» (9 aprile 2018) di Papa Francesco.
Dopo il primo capitolo, dove il Pontefice ha ricordato a tutti i discepoli del Signore Gesù che questa dovrebbe essere l’obiettivo di ogni battezzato da raggiungere con i piccoli gesti semplici, sobri ed eloquenti del quotidiano e soprattutto con la testimonianza, nel secondo capitolo il Papa, presenta due falsificazioni della santità che possono attrarre anche oggi: lo gnosticismo e il pelagianesimo, eresie presenti nella Chiesa dei primi secoli. Si tratta di «due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare che danno luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare» (35).
Se la santità, è un dono della Grazia, queste due eresie la ostacolo poiché rimuovono la necessità della grazia di Cristo e le dinamiche del suo agire.
Gnosticismo e Pelagianesimo
Lo gnosticismo attuale
Lo gnosticismo, spiega il Papa, suppone «una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua ragione o dei suoi sentimenti» (36). Ciò riduce il cristianesimo a una serie di messaggi anche importanti e interessanti, la Chiesa a una ricercatrice di metodologie per propagandare quelle idee, facendo sparire l’opera della Grazia che mediante Gesù Cristo raggiunge misteriosamente l’uomo per donargli salvezza e felicità. È tipico degli gnostici, prosegue Francesco, «credere che con le loro spiegazioni possano rendere perfettamente comprensibili tutta la fede e tutto il Vangelo. Assolutizzano le proprie teorie e obbligano gli altri a sottomettersi ai propri ragionamenti» (39). Alla fine, «disincarnando il mistero (gli gnostici), preferiscono un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popolo» (37). Ma attenzione, ammonisce il Papa: «chi vuole tutto chiaro e sicuro pretende di dominare la trascendenza di Dio» (41). È ciò che vuole raggiungere la mentalità gnostica, scordando che «Dio ci supera infinitamente, è sempre una sorpresa, e non siamo noi a determinare in quale circostanza storica trovarlo, dal momento che non dipendono da noi il tempo e il luogo e la modalità dell’incontro» (41). Da qui nasce anche il disprezzo “per gli imperfetti e per quelli che cadono”; è il trionfo di un “elitarismo” presente oggi in chi si reputa superiore alle moltitudini dei battezzati (cfr. 43).
Il Pelagianesimo attuale
Per il pelagianesimo, fondato dal monaco bretone Pelagio nel V secolo, la natura degli uomini non fu ferita dal peccato originale. Di conseguenza, la persona è in grado di scegliere il bene e evitare il male, cioè il peccato, mediante la sua forza di volontà. La Grazia, è unicamente aggiuntiva, poiché per salvarsi sono sufficienti le proprie forze. E, Cristo, s’incarnò solamente per offrire agli uomini un buon esempio che controbilanciasse quello negativo offerto da Adamo ed Eva. L’idea del Papa, riferendosi al Sinodo di Orange (529) e al Catechismo della Chiesa Cattolica, è totalmente opposta difendendo la dottrina dell’assoluta necessità della Grazia, «una delle grandi convinzioni definitivamente acquisite dalla Chiesa che attinge al cuore del Vangelo» (55). La Grazia però – ricorda Francesco – «non ci rende di colpo superuomini ma agendo storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo» (50). «I santi – ammonisce il Papa – evitano di porre la fiducia nelle loro azioni» (54), poiché «la prima cosa è appartenere a Dio. Si tratta allora di offrirci a Lui che ci anticipa, di offrirgli le nostre capacità, il nostro impegno, la nostra lotta contro il male e la nostra creatività, affinché il suo dono gratuito cresca e si sviluppi in noi (cfr. Rm. 12,1)» (56).
Quali sono gli odierni atteggiamenti pelagiani?
Il Pontefice evidenzia tre rischi.
Primo. «Quello della giustificazione mediante le proprie forze, quello dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore» (57) che si traducono in alcuni atteggiamenti inaccettabili: «l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale”(57).
Secondo. Il secondo rischio si corre «quando contro l’impulso dello Spirito, la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi dando eccessiva importanza all’osservanza di determinate norme proprie, di costumi o stili. In questo modo, spesso si riduce e si reprime il Vangelo, togliendogli la sua affascinante semplicità e il suo sapore» (58).
Terzo. Il «pensare che tutto dipenda dallo sforzo umano incanalato attraverso norme e strutture ecclesiali, complicando il Vangelo e divenendo schiavi di uno schema che lascia pochi spiragli perché la grazia agisca» (59).
Ecco allora l’ammonimento di Papa Francesco: «ricordare spesso che esiste una gerarchia delle virtù» con «al centro la carità», poiché «tutta la Legge trova la sua pienezza nel precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (60). Il pontefice, prega inoltre il Signore Gesù «che liberi la Chiesa dalle nuove forme di gnosticismo e di pelagianesimo che la complicano e la fermano nel suo cammino verso la santità» (62). E, infine, un invito rivolto a tutti: «queste deviazioni si esprimono in forme diverse, secondo il proprio temperamento e le proprie caratteristiche. Per questo esorto ciascuno a domandarsi e a discernere davanti a Dio in che modo si possano rendere manifeste nella sua vita» (60). Ovviamente per superarle.
Don Gian Maria Comolli
(seconda continua)