La strategia gramsciana dell’Onu per imporre aborto e diritti Lgbt: il ministro svedese Asa Regnér viene nominata vice direttore esecutivo di UN Women, l’ente delle Nazioni Unite per la parità di genere e i diritti delle donne. Ha guidato importanti processi e campagne come principale sostenitrice del femminismo, dell’aborto e dell’uguaglianza di genere in Svezia.
La capacità di penetrazione di alcune colonizzazioni ideologiche deve molto ad un’efficace strategia gramsciana di occupazione del potere. È un dato di fatto che i ruoli chiave delle centrali di produzione del pensiero unico dominante sono controllati da persone che possono vantare un cursus honorum ultra progressista. La forza di tale strategia sta anche nel passare inosservata, nel procedere senza scosse o lacerazioni improvvise e nel non incontrare alcuna contestazione.
Sarà anche per questo che le maggiori testate del mondo, e neanche a dirlo quelle italiane, non hanno riportato, né tanto meno commentato, la notizia della nomina del ministro svedese per l’Infanzia e le Pari opportunità, Asa Regnér, a vice direttore esecutivo di UN Women, l’ente delle Nazioni Unite per la parità di genere e i diritti delle donne.
La nomina è stata annunciata lo scorso 7 marzo dal segretario dell’Onu, Antonio Guterres, e in queste settimane solo alcuni siti della galassia cristiana svedese (parliamo di uno dei Paesi più secolarizzati del mondo) si sono posti un interrogativo: che cosa dobbiamo aspettarci da Asa Regnér?
Per inquadrare bene il contesto, dobbiamo dire che la Svezia nel 2016 ha contribuito con 45 milioni di dollari al bilancio di Un Women, cifra che rappresenta circa un decimo delle entrate di questa particolare agenzia Onu. La Regnér, che nel frattempo si è dimessa dalla sua posizione nel governo, ha detto ai media svedesi che non vede alcun legame tra i finanziamenti e il suo nuovo lavoro.
Di certo però la nomina della Regnér rappresenta il punto di arrivo del suo lungo attivismo femminista, di cui fa menzione anche la scheda di presentazione pubblicata sul sito delle Nazioni Unite. Avendo ricoperto varie posizioni di leadership nel governo e nelle organizzazioni non governative – si legge su unwomen.org – ha guidato importanti processi e campagne come principale sostenitrice del femminismo e dell’uguaglianza di genere in Svezia.
Se qualcuno avesse ancora dubbi riguardo al tipo di impegno portato avanti dalla Regnér basta leggere qualche riga più in là: “In precedenza ha prestato servizio come Direttore delle Nazioni Unite per le donne in Bolivia (2013-2014) e Segretario generale di Riksförbundet för sexuell upplysning (RFSU), filiale svedese dell’International Planned Parenthood Federation”.
Si avete letto bene, la Regner ha guidato un’organizzazione federata alla multinazionale degli aborti e della pianificazione familiare. Quella Planned Parenthood che negli Stati Uniti gestisce oltre 700 cliniche per l’interruzione di gravidanza, per un totale di centinaia di migliaia di aborti eseguiti ogni anno, e che, tra l’altro, è anche al centro di un’inchiesta riguardante il traffico illegale di organi e tessuti di feti abortiti.
Il sito svedese di cultura cristiana Varldenidag.se (il mondo oggi), riferisce che quando la Regner fu nominata segretario della RFSU nel 2007 disse subito che il cuore del suo lavoro si sarebbe concentrato sulle tematiche dell’aborto, dell’educazione sessuale e delle istanze lgbt.
Secondo Varldenidag.se, già nel 2011, in qualità di segretario generale di RFSU, ha guidato un seminario sull’educazione sessuale presso la Commissione delle donne dell’Onu a New York. Durante quell’evento, che suscitò diverse polemiche, l’attivista svedese dichiarò che “l’educazione sessuale è uno strumento potente”.
Molte iniziative sull’educazione sessuale sono state infatti portate avanti dalla RFSU durante la sua direzione. In particolare è stato prodotto materiale divulgativo rivolto alle scolaresche della Svezia. Molto diffiso è stato “Sex on the map”, film a cartone animato progettato per essere utilizzato nei programmi di educazione sessuale nelle scuole medie. L’ambientazione si svolge in una biblioteca scolastica in cui cinque studenti assitono a una lezione di educazione sessuale in cui si parla di ogni tipo di pratica, con tanto di animazioni che mostrano in maniera esplicita (preliminary compresi) rapporti sessuali tra adolescenti. Sempre stando alla relazione pubblicata da Varldenidag.se, i progetti messi a punto da RFSU prevedono anche che bambini in età scolastica siano informati su tutte le tecniche sessuali, compreso il sesso anale e di gruppo e che la scuola offra loro anche “figure fiabesche presentate in una prospettiva LGBT”.
I risultati della “politica sessuale” svedese sono sotto gli occhi di tutti. La Svezia è il Paese europeo con il più alto tasso di violenze sessuali, tra quelli con il più elevato tasso di aborti e con un gran numero di depressioni e malattie mentali tra le giovani donne. Riprodurre su scala planetaria questo modello dovrebbe quindi suonare come una minaccia.
Alla luce di quanto detto, l’interrogativo iniziale su cosa dobbiamo aspettarci da Asa Regnér sembra quindi un mero esercizio retorico. Non è retorica invece l’esortazione a presidiare tutti gli spazi di discussione che si aprono in seno alle agenzie internazionali, anche tramite i propri rappresentanti nazionali. È semplicemente delittuoso lasciare che le politiche mondiali sulla sessualità e la pianificazione famigliare siano pianificate da minoranze ideologiche organizzate.
Marco Guerra
La Nuova Bussola Quotidiano, 31 marzo 2018