L’enciclica Pacem in terris (Pace sulla terra), fu promulgata da san Giovanni XXIII sessant’anni fa, l’11 aprile 1963 esortando gli «uomini di buona volontà» a leggere con sapienza, saggezza, realismo e ottimismo i “segni dei tempi”, cioè gli eventi di ogni giorno. È composta da cinque parti: L’ordine tra gli esseri umani; Rapporti tra gli esseri umani e poteri pubblici all’interno delle singole comunità politiche; Rapporti tra le comunità politiche; Rapporti degli esseri umani e delle comunità politiche con la comunità mondiale; Richiami pastorali.
È importante, inoltre, rammentare la situazione mondiale di quel periodo. Pochi mesi prima ci fu la “crisi dei missili di Cuba”, cioè il confronto e scontro tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica in merito al dispiegamento di missili balistici sovietici a Cuba in risposta a quelli statunitensi schierati in Turchia, Italia, Gran Bretagna e in vicinanza della frontiera con l’URSS. L’episodio, fu valutato, uno dei momenti più critici della Guerra Fredda rischiando un conflitto nucleare.
La pace è l’insieme delle relazioni positive
La pace, che per il Pontefice doveva essere edificata per contrastare le fosche nubi che contornavano il mondo, fu definita «un anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi» (1). Però, non è unicamente l’assenza di guerre, ma l’insieme delle “relazioni positive” tra gli individui e le comunità sorrette da quattro pilastri: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà (cfr. 18-19).
Costruire la pace, realizzare la pace, operare per la pace è compito di tutti convincendosi «che la pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone. Strutture e procedure di pace – giuridiche, politiche ed economiche – sono certamente indispensabili e fortunatamente sono spesso presenti» (9), ma occorre agire per una cultura di pace che nasce «dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace» (9). Comunque, la pace, può essere consolidata unicamente nel pieno rispetto dell’ordine naturale stabilito da Dio (cfr. 10). La pace, dunque, per Giovanni XXIII non è buonismo ma una difficile costruzione da affermarsi in ogni ambito, da quelli individuali a quelli internazionali; per questo parlò di un «disarmo integrale che investe anche gli spiriti» (61).
Diritti dell’uomo
L’Enciclica evidenziò anche i “diritti dell’uomo”, e fece propria la Dichiarazione dell’ONU del 1948, osservando che «ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata d’intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili» (5).
Quali diritti?
I diritti all’esistenza, ad un tenore di vita dignitoso, alla sicurezza, all’assistenza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione… (cfr. 6). I diritti culturali dall’ istruzione di base alla formazione tecnico-professionale (cfr. 7). Il diritto di onorare Dio che si concretizza nella libertà religiosa (cfr. 8). Il diritto alla libertà di scelta del proprio stato di vita e alla parità fra uomo e donna (cfr. 9). I diritti al lavoro e alla libera iniziativa in campo economico, specificando che il diritto alla proprietà privata «è intrinsecamente inerente a una funzione sociale» (n. 10). I diritti di riunione e di associazione evidenziando la ricchezza dei corpi intermedi (cfr. 11). I diritti all’emigrazione e all’ immigrazione poiché ogni persona è membro della comunità mondiale (cfr. 12). Il diritto di cittadinanza attiva e di partecipazione alla vita pubblica «per recare un apporto personale all’attuazione del bene comune, alla sicurezza giuridica e, con ciò stesso, a una sfera concreta di diritti, protetta contro ogni arbitrario attacco» (n. 13).
Diritti e doveri
Di pari passo con i diritti, devono procedere i doveri e le responsabilità. Solo così i diritti saranno garantiti a tutti (cfr. 14 e 15), poiché «coloro che, mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con una mano e distruggere con l’altra» (15).
La Pacem in terris fu una delle encicliche più importanti del Novecento; accolta da tante persone, anche fuori del mondo cattolico con entusiasmo e apprezzata da gran parte dei governanti della terra è oggi di fronte al conflitto tra Russia e Ucraina di grande attualità, quindi riletta con attenzione e soprattutto concretizzata da tutti coloro che realmente ricercano la pace è un segno di speranza.
Don Gian Maria Comolli