Dopo la pubblicazione dell’esortazione Gaudete et Exsultate stupisce il silenzio di Repubblica, Corriere e della grande stampa italiana. Un silenzio coerente: meglio celebrare il papa superstar a suon di battute, interviste ambigue e gesti plastici. Se a parlare è il Magistero, il Papa diventa fantasma.
L’inchiostro nero si deposita sui polpastrelli. “Sfoglia di qua, vedrai che adesso arriva”. “No aspetta, torna indietro, ce lo siamo persi”. Invece… Invece sui principali giornali italiani non c’è alcuna traccia dell’esortazione di Papa Francesco Gaudete et Exsultate. Deve esserci un problema. Figuriamoci se i giornaloni italiani che hanno celebrato a macchinetta la rivoluzione del papato dalla fine del mondo si possono perdere un documento sulla santità a portata di mano?
Eh sì che il giorno prima, sui siti, hanno dato notizia della presentazione del documento papale nel corso della conferenza stampa. Ma tanta tempestività questa volta non è intervenuta. Sulle cronache di ieri a volerla cercare col lanternino e solo in alcuni giornali, la notizia dell’esortazione compariva al massimo come spalla o come taglio basso.
Alcuni esempi: su Repubblica si voltano le pagine con sgomento, ma niente da fare. “L’avranno mica messa in Sport?”. Si spera almeno nell’inserto sulla cronaca romana. Macché. Come se non ci fosse stato niente. “E noi come facciamo?”, si chiedono i lettori in bramosa attesa di un prodigioso commento col ditino puntato di Alberto Melloni. Ma siamo sicuri? Stiamo parlando dello stesso giornale che non più di una settimana fa ha confezionato la notizia dell’inesistenza dell’Inferno proprio usando un’intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco? Proprio quel giornale, che sbattendo la porta Piergiorgio Odifreddi ha definito filovaticano, ma stavolta che esce un documento di Magistero, che dovrebbe restare sugli scaffali delle librerie più dell’intervista fake di Barbapapà, il giornale non lo degna neppure di una nota.
Al Corriere della Sera stessa musica. Chissà come deve essere stata la giornata del vaticanista. Già la immaginiamo: “E poi ci sarebbe l’esortazione del Papa…”. “Che dice?”, gli chiede il caporedattore. “Tanti spunti sulla santità”, gli avrà risposto. “Vabbè, dai, un papa che parla della santità che vuoi che notizia sia? Come Di Maio che dice no”.
La Stampa è in controtendenza, ma sceglie, tra i tanti titoli possibili quello sull’odio che contagia i blog cattolici, che non è proprio il nucleo centrale del documento papale. Si vede che qualcuno deve togliersi dei sassolini dalla scarpa.
Per tutto il resto, sulle prime pagine degli altri, ancora nisba: niente il Messaggero, che però punta sulla quotazione in Borsa del sigaro toscano, men che meno il Fatto Quotidiano, d’altra parte non c’è da inchiodare nessun monsignore pedofilo. Su Libero non ne parliamo, c’è da far spazio a Maurizio Costanzo che chiede più chance per Teo Teocoli (!). Così pure il Mattino di Napoli e il Gazzettino di Venezia che invece preferisce una storia sulla figlia del batterista dei Pooh Stefano D’Orazio.
Giornale, Tempo e Secolo XIX almeno, un richiamino in prima ce lo mettono. Per tutto il resto è notte fonda. Eppure la scelta editoriale dei principali quotidiani italiani è in un certo senso coerente. E’ il riflesso del paradosso di un pontificato giocato mediaticamente sulle frasi ad effetto, sulle dichiarazioni choc pronunciate in volo a 8000 piedi, sui gesti eclatanti e sull’aneddotica diventata ormai letteratura del Papa superstar che non ha bisogno per comunicare delle vecchie e stantie sovrastrutture proprie della Chiesa: esortazioni, encicliche, omelie. Ma vuoi mettere con le frasi ad hoc, le dichiarazioni di chi parla a nome di Bergoglio sfruttando l’effetto del magistero privato? Vuoi mettere la notiziabilità di un’immagine plastica, ad esempio il Papa che beve il mate e comunica più di quanto in realtà voglia dire?
I giornali nel corso di questo pontificato hanno potuto sperticarsi in lodi per dipingere un rivoluzionario che esce dagli schemi per modificare la struttura della Chiesa a colpi di abolizione di questo o quest’altro dogma, è lo storytelling preferito, che le alte gerarchie vaticane non hanno disdegnato di diffondere. Cosicché dopo aver sprecato ogni energia a raccontare il Papa della revoluccion, ecco che l’uscita di un documento magisteriale, dunque ufficiale, viene relegata ad appena una breve di cronaca e per lo più utilizzando i testi di agenzia della giornata precedente.
Perché in fondo, sa tutto di già visto, tutto di ingessato. Per fare notizia bisogna essere strani, bisogna accontentare la brama di curiosità di chi ha una mission da assolvere: quella di raccontare la Chiesa che cambia nel suo rapporto con la modernità. Se torna indietro a parlare di santità, il gioco non vale la candela.
Ma in fondo, la cosa non sembra dispiacere alla struttura comunicativa vaticana. Ieri ha diffuso un video dal vago sapore new age per promuovere il lancio dell’enciclica. Tante immagini generiche di uomini e donne, nessuna di santi, di modelli da percorrere, di ideali da raggiungere. Perché in fondo il concetto che deve passare è che la santità è un diritto di tutti, come la bellezza per il dottor Guido Tersilli alias Alberto Sordi. Su questa cosa della santità nel quotidiano, nella vita famigliare o nel lavoro, che si raggiunge solo seguendo Gesù, semmai, caro Bergoglio, ti sentiremo un’altra volta. E forse sta bene a tutti così. In fondo, il problema dei media, stando almeno al testo dell’esortazione, sono i blog cattolici e la loro violenza.
Andrea Zambrano
La Nuova Bussola Quotidiano, 11 aprile 2018