Sono oltre 600 i punti vendita aperti h24. «Così si azzera la percezione del rischio». Un business da decine di milioni. Critici gli esperti e le comunità di recupero: «Effetti dirompenti sui minori».
Fabri dice di essere un intenditore. E dopo vent’anni di spinelli «rollati con qualsiasi cosa dentro», adesso che può fumare l’“erba legale” si sente più tranquillo. «Mica ti sballi, però quella mezz’ora di “astrazione” sul divano senza bruciare i pensieri è una bella sensazione». Già, perché la canapa legale esiste ed è un business in espansione.
Più di 600 i punti vendita in tutta Italia, alcuni aperti giorno e notte. Ufficialmente si tratta di filtri per tisane, semi di canapa, perfino “bevande energetiche”, o torte. Poi però quei semi dalla bustine per il tè basta estrarli per confezionare – assicura sempre Fabri – una sigaretta che ha «il sapore di uno spinello, ma non ti sballa». I medici esperti di dipendenze ci vanno piano. La marijuana “da esposizione” e prodotti a base di cannabis ma senza thc, sostanza psicotropa illegale in Italia, sono in vendita da quasi un anno. Le piantine, vendute ad un prezzo variabile tra i venti e i trenta euro a seconda della grandezza, vengono commercializzate dopo essere state cresciute fino al massimo all’ottava settimana in fase “vegetativa”, ovvero impedendone la fioritura e bloccandone la produzione della stessa thc.
«Credo che il sogno di chi investe in questo prodotto sia quello di allargarne ancora di più il consumo. Forse per questo motivo, quasi ogni giorno, la Rete costruisce una ampia risonanza per notizie che ci presentano la cannabis come una sostanza benefica, addirittura una medicina che può far bene in patologie di ogni tipo, senza danni o effetti collaterali e non solo agli uomini, ma anche agli animali» è il commento di Riccardo Gatti, medico milanese tra i massimi esperti di dipendenze. Sta di fatto che dopo il business delle sigarette elettroniche un nuovo franchising sta prendendo sempre più piede.
Le offerte per chi vuole associarsi a un marchio per l’apertura di un vero negozio oppure di un punto distribuzione automatico, analogo ai distributori di bibite e farmaci aperti h24, si stanno moltiplicando. Ma a frenare è ad esempio la Federazione italiana tabaccai, che certo non vende pillole della salute.
«C’e’ poca chiarezza, meglio aspettare», afferma in una nota la Federazione italiana tabaccai, commentando la possibilità che alcune tabaccherie possano vendere la “marijuana legale”. Secondo Giovanni Risso, presidente nazionale della Federazione, «senza entrare nel merito della legalità della vendita di tale prodotto, la Fit ha già da tempo interessato le autorità competenti, chiedendo a queste di pronunciarsi sulla vendita in tabaccheria».
In attesa di una risposta «sconsigliamo comunque i tabaccai dal vendere prodotti a base di cannabis light». I distributori assicurano che si tratta di un’erba con un valore di thc (il principio attivo che conduce allo “sballo”) inferiore al limite di legge dello 0,6 percento. L’alto contenuto di cannabinboidi (superiore al 4%) secondo i promotori significa che invece dei classici effetti psicoattivi, la canapa legale avrebbe proprietà miorilassanti, antipsicotiche, tranquillanti, antiepilettiche, antiossidanti e antinfiammatorie. «A suo modo – avverte ancora Gatti, che al successo dei canapa shop ha dedicato un lungo saggio pubblicato su droga.net – la cannabis si sta trasformando in una sorta di panacea che ricorda il “fungo cinese” che, negli anni 50 del secolo scorso, si diffuse nelle case degli italiani per fare beveroni che, sulla carta facevano bene, anche se nessuno aveva propriamente capito a cosa».
Una corsa alle aperture su cui è invece particolarmente critico il presidente della comunità di San Patrignano, Antonio Tinelli: «Questo fenomeno commerciale, avallato dalle autorità grazie al grimaldello dell’“assenza di sostanze psicotrope”, ci preoccupa moltissimo. Assistiamo a uno sdoganamento e a una banalizzazione del rischio che il consumo di cannabis porta con sé, oltre che alla divulgazione del marchio della “fogliolina” ».
L’effetto, secondo Tinelli, può essere dirompente soprattutto sui più giovani (a San Patrignano negli ultimi anni il numero di minori accolti è raddoppiato): «È come se si dicesse, in particolare ai ragazzi: la cannabis non fa male, è normale, basta che ne usi poca, che stai sotto la soglia. Nessuno poi si preoccupa di cosa può succedere se quelle bustine di thé, in grandi quantità, vengono fumate per esempio». Come fa già Fabri, appunto. Un effetto sicuro e in parte già misurato invece lo stanno però registrando i padroni del “mercato legale”.
Un anno fa l’Università Sorbona di Parigi aveva preso in esame le proiezioni del mercato italiano, preconizzando un fatturato annuo non inferiore a 44 milioni di euro. Ma allora i punti vendita erano meno di 300. Oggi sono già il doppio le nuove le richieste di apertura che i marchi del franchising stanno esaminando superano le 300. Numeri, questi si, da sballo.
Nello Scavo
Avvenire.it, 12 aprile 2018