Presso l’Università di Torino verrà aperto un asilo per i figli dei dipendenti e pure degli studenti. La caratteristica? Sarà gender neutral per la decostruzione degli stereotipi. Addio grembiulini rosa e azzurri. Ma ai genitori piacerà? Sono consapevoli delle tipologia di educazione che lì verrà impartita ai loro figli?
Presso l’Università di Torino verrà aperto un asilo per i figli dei dipendenti e pure degli studenti. A concepire il progetto è stato il gruppo Studenti Indipendenti della facoltà di Scienze dell’educazione che così hanno illustrato gli obiettivi dell’iniziativa: “Il lavoro di cura, in cui rientra l’accudimento dei figli, si svolge prevalentemente tra le mura di casa, gratuitamente, ed è da sempre prerogativa quasi unica delle donne. Negli ultimi anni le problematiche legate alla conciliazione famiglia-lavoro hanno iniziato a riguardare anche gli uomini. È necessario un intervento più ampio, che garantisca madri e padri in tutto il loro percorso genitoriale, così è nato il nostro progetto di ‘Nido d’Infanzia in Università’.
Il progetto avrà una forma sperimentale con formazione innovativa dei e delle tirocinanti che si occuperanno dei e delle minori. Saranno infatti coinvolte associazioni che operano sul territorio e che si impegnano nel promuovere attività per l’infanzia, che mirano a un’educazione basata sui valori della cura dell’ambiente, sul rispetto dell’altro, sulla decostruzione degli stereotipi e sulla partecipazione attiva”.
L’ateneo ha deciso di appoggiare il progetto e il rettore Gianmaria Ajani ha così commentato: “Si tratta di un progetto molto bello che contiamo di realizzare nonostante le tante difficoltà organizzative e logistiche che stiamo incontrando. Come ateneo useremo criteri rispettosi dei diversi orientamenti di genere per realizzare la nuova struttura che sarà aperta sia ai nostri dipendenti sia agli studenti con figli”.
In modo preliminare c’è da osservare che oggi quasi tutti plaudono ad iniziative simili, grazie alle quali le aziende si dotano di asili interni. In tal modo, così si sostiene, le mamme possono essere più presenti nella cura dei figli. Però, e sta qui la nostra critica, non è un gran progresso portare i figli al lavoro. Sarebbe meglio, laddove fosse possibile, portare i lavoratori e le lavoratrici a casa. Questo in un duplice senso. Permettere il lavoro da casa per i primi anni di crescita del figlio e, ancor meglio, permettere congedi di lunga durata dal lavoro.
Secondo rilievo in merito al progetto “Nido d’Infanzia in Università”. Isoliamo un paio di espressioni dai commenti appena citati: “decostruzione degli stereotipi” e “useremo criteri rispettosi dei diversi orientamenti di genere”. Cosa significano? Significa che nell’asilo dell’università di Torino non ci saranno grembiulini rosa e azzurri, non ci saranno giochi per i bambini e giochi per le bambine e forse non ci saranno nemmeno più bagni per lui e bagni per lei. Un asilo gender neutral, espressione che vuole fare tabula rasa delle differenze sessuali. L’obiettivo è quello di contrastare sin dall’infanzia l’idea tutta naturale che il mondo è diviso in maschi e femmine e quindi di opporsi a quell’inclinazione altrettanto naturale che vede i maschi comportarsi da maschi e le femmine comportarsi da femmine.
Un bambino gioca alle macchinine e in genere una femminuccia no, non perché qualcuno glielo abbia imposto o per suggestioni collettive o per costrutti sociali stereotipati, ma perché semplicemente è un gioco più da maschio. La femmina spinge un micro passeggino con dentro una bambola perché già si sente mamma. Si chiama inclinazione naturale. Tutto qui. Rispetto ai giochi sessualmente neutri forse è ancor più letale l’eventuale iniziativa di non prevedere toilettes distinte per sesso perché si favorisce una promiscuità assai pericolosa per i piccoli ospiti di questo asilo e si confonde loro le idee su ciò che invece dovrebbe essere limpido come il sole d’estate.
Da notare infine che tra le associazioni coinvolte nel realizzare questo progetto vi sono anche quelle attive sul fronte della promozione e difesa delle rivendicazioni del mondo LGBT. E vien da chiedersi: le mamme e i papà che lasceranno i pargoli nell’asilo arcobaleno torinese sono stati avvertiti di questo? Ancor più precisamente: sono consapevoli delle tipologia di educazione che lì verrà impartita ai loro figli? Hanno accettato la possibilità che il loro Marco tornato a casa voglia indossare la gonna della sorellina più grande?
Tommaso Scandroglio
La Nuova Bussola Quotidiano, 11 aprile 2018