Lunedì 21 aprile 2025 siamo rimasti sgomenti quando il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, alle 9.47 ha annunciato il ritorno al Padre del nostro amatissimo Papa Francesco.
In questo editoriale lo vogliamo ricordare ribadendo come premessa l’importanza del Papa per ogni cristiano. Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il Papa, Vescovo di Roma e Successore di san Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli. Infatti, il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente” (882).
Dunque, il Papa, è la “guida suprema della Chiesa” a livello spirituale, dottrinale e morale. E, anche quando alcune sue posizioni non ci soddisfano, come discepoli del Signore Gesù, abbiamo il dovere di mostrargli sempre fedele obbedienza e rispetto. Un “rispetto” che a volte è venuto meno nei confronti di papa Francesco con delle critiche infondate anche da parte di alcuni cristiani che si sono lasciati condizionare da notizie volutamente strumentali dei mezzi di comunicazione senza verificare le fonti. Tra le molte una bufala mi è rimasta impressa: “Quelle suore pregano troppo. E il Vaticano chiude l’Ordine” (Il Giornale, 23 giugno 2019) oppure “Il Papa le vuole più moderne, loro non cedono: 34 suore abbandonano l’Ordine” (leggilo.org, 24 giugno 2019). Poi, fai una ricerca su internet, e ti accorgi che è una fake news.
Ebbene, a Papa Francesco, in questi dodici anni di pontificato, nulla gli è stato risparmiato non solo da chi si proponeva la fantascientifica distruzione della Chiesa Cattolica ma anche da parte di uomini e donne che sostengono di amare la Chiesa e continuamente lo hanno confrontano con i suoi predecessori, poiché per gli amanti del chiacchiericcio, è sempre migliore il “Papa precedente”, anche se biasimato o deplorato. Ma Lui, uomo libero, non si è mai lasciato intimorire dagli attacchi o dalla mentalità dominante, il cosiddetto “politicamente corretto” cioè quelle teorie che vogliono distruggere la famiglia, i rapporti e la vita. Ha sempre proposto e attualizzato unicamente gli insegnamenti del Signore Gesù totalmente in linea con la millenaria Dottrina della Chiesa e con il Magistero dei suoi predecessori. Direi, guardando gli ultimi decenni, che ha saputo intersecare gli insegnamenti di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, proponendoli con un linguaggio che facessero breccia nell’attuale società post-moderna. Esaminiamo alcuni dei suoi principali insegnamenti.
La gioia di essere cristiani
Fin dall’inizio del pontificato ha invitato con l’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” a recuperare la gioia di essere cristiani attinti alla fonte originaria che è l’amore di Dio (cfr.7) e l’incontro personale con Gesù Cristo (cfr.1). Da qui l’impegno per un cammino di santità, poiché la chiamata alla santità, il Signore la propone ad ogni uomo e si raggiunge: “vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno”(Gaudete et exultate, 14). Una “gioia” che non può essere trattenuta ma da comunicare mediante quella che Lui ha definito “una Chiesa in uscita” con le porte sempre aperte ad accogliere tutti come un “ospedale da campo dopo una battaglia” per curare le ferite dell’uomo contemporaneo e riscaldare il cuore di chi si rivolge a lei (19 agosto 2013).
La misericordia di Dio
Fin dall’inizio del pontificato ha ci ha continuamente comunicato la misericordia di Dio, fino a indire un Anno Santo della Misericordia (2025/2016). E come scordare le parole del primo Angelus: “Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. ‘Grande è la misericordia del Signore’, dice il Salmo” (17 marzo 2013).
Dalla parte dei fragili, dei deboli, dei poveri e degli ultimi
Non ha mai scordato i più fragili, dai poveri agli immigrati, vittime dell’egoismo, della globalizzazione e di un’ “economia iniqua che uccide”. Da qui la particolare attenzione per queste categorie. Dai poveri che vivono in Roma che spesso ha voluto come “ospiti d’onore” a importanti eventi, incaricando inoltre il suo Elemosiniere affichè divenisse la sua “longa manus” per supportarli economicamente. Ai mille appelli a favore dei migranti che non sono i nostri nemici ma vittime che “cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta che equamente dovrebbero essere divise tra tutti” (01/10/2015). Dunque, forti richiami, alle colpe del Paesi ricchi causa diretta di questo fenomeno epocale.
A favore di “tutta la vita”
Contro chi sopprime la vita nascente con l’aborto e quella terminale con l’eutanasia è stato molto duro.
A proposito dell’aborto: “Io vi domando: è giusto ‘fare fuori’ una vita umana per risolvere un problema? E’ giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto ‘fare fuori’ un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. E’ come affittare un sicario per risolvere un problema” (10 ottobre 2018). Inoltre, papa Francesco, seppe allargare l’orizzonte del problema: dalla Chiesa alla società.
A proposito dell’eutanasia, l’ha definì il “fallimento dell’amore”. Dunque, “non c’è un diritto alla morte, ma no all’accanimento terapeutico”. “Dobbiamo stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinchè i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati” (8 agosto 2024).
Ecco la sua amara conclusione: “Non sono tanti quelli che lottano per la vita in un mondo dove ogni giorno si costruiscono più armi, ogni giorno si fanno più leggi contro la vita, ogni giorno va avanti questa cultura dello scarto, di scartare quello che non serve, quello che dà fastidio” (4 febbraio 2018).
Contro l’ideologia gender e la cultura woke
Ha compreso totalmente e completamente la pericolosità e la nefandezza dell’ideologia gender che “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo” (Amoris laetitia, 56). Non a caso questo concetto è stato citato oltre cinquanta volte, spesso con toni spietati (cfr. G.M. Comolli, Gender. La silenziosa peste che si sta diffondendo nel XXI secolo. Se la conosci ti puoi difendere, Youcanprint, pp. 24-54). “Lo stesso – ha affermato – hanno fatto le dittature del secolo scorso. Sono entrate con la loro dottrina. Pensate ai ‘Balilla’, pensate alla Gioventù Hitleriana… Hanno colonizzato il popolo, volevano farlo. Ma quanta sofferenza!” (10 gennaio 2015).
Tolleranza zero alla pedofilia
Ha combattuto con fermezza e intransigenza la pedofilia, questa “vergogna” della Chiesa che per troppo tempo era stata nascosta con la malintesa disponibilità alla comprensione e al perdono, ordinando a tutti gli episcopati mondiali “tolleranza zero” nei confronti del clero che si macchia di questo atroce delitto. Ma con due atteggiamenti. Una condanna totale di “tutta la pedofilia” che alcuni gruppi vorrebbero sdoganare. Ma niente processi sommari modello Rivoluzione Francese: “Alcune delle organizzazioni anti-abusi non sono rimaste contente dell’Incontro di febbraio 2019: ‘No, ma non hanno fatto nulla’. Io li capisco perché c’è la sofferenza dentro. E ho detto che se avessimo impiccato cento preti abusatori in Piazza San Pietro sarebbero stati tutti contenti, ma il problema non si sarebbe risolto. I problemi nella vita si risolvono con i processi, non occupando spazi” (10 maggio 2019).
Il nostro discorso potrebbe proseguire a lungo poiché i dodici anni di pontificato sono stati ricchissimi di eventi.
Concludo ricordando l’amore e la stima che ha nutrito per i sacerdoti più volte espresso negli incontri con il clero della diocesi di Roma o nei viaggi apostolici in Italia e fuori. Anche ultimamente si è schierato dalla loro parte “continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi”. E, allora l’invito ai vescovi: “Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi. Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o “arrampicatori” e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici. Essere padre di tutti i propri sacerdoti; interessarsi e cercare tutti; visitare tutti; saper sempre trovare tempo per ascoltare ogni volta che qualcuno lo domanda o ne ha necessità; far sì che ciascuno si senta stimato e incoraggiato dal suo Vescovo” (20 maggio 2024).
Papa Francesco invitava i presenti al termine di ogni udienza a ricordarsi di pregare per lui; in questi giorni lo facciamo più intensamente.
Don Gian Maria Comolli