Vladimir Luxuria ha stigmatizzato quei politici che, da una parte difendevano la famiglia, dall’altra le facevano la corte. Li ha chiamati ipocriti. Il nome giusto per quei politici, come per tutti noi, è: peccatori. C’è una bella differenza.
Recentemente il personaggio politico e di spettacolo Vladimir Luxuria (all’anagrafe Vladimiro Guadagno) ha rilasciato un’intervista al giornalista Peter Gomez per il programma TV La confessione. Nel corso di questa intervista Luxuria ha stigmatizzato quei politici che, da una parte difendevano la famiglia, dall’altra le facevano la corte. Li ha chiamati ipocriti.
No, qui c’è un errore di fondo. Il nome giusto per quei politici, come per tutti noi, è peccatori. L’ipocrita è quello che pretende di essere qualcosa che non è, non colui che si sforza di essere qualcosa che non riesce ad essere. C’è una bella differenza. Quei politici probabilmente vedevano cosa era giusto ma poi nelle loro vite private non erano all’altezza degli ideali che professavano. Quindi, il fatto che non si sia all’altezza dell’ideale che si professa non fa scadere di valore l’ideale stesso (la famiglia, in questo caso) ma chi lo professa.
Ipocrita è chi si propone come modello, chi dice di fare come lui che ha una famiglia modello e poi ha la doppia vita. Questo è il corrotto, di cui ha parlato spesso Papa Francesco. Il peccatore conosce il suo limite, ma non per questo può chiamare il nero bianco e viceversa. Il peccatore riconosce il limite e a volte sa che lo ha oltrepassato. Non sposta il limite per giustificare il proprio peccato. Il medico che dice che mangiare troppi grassi fa male e poi lui li mangia non è ipocrita, è goloso e quindi peccatore. Se il medico dicesse: fai come me, non mangiare grassi…e poi si abboffa, allora è un’ipocrita.
Non siamo noi i modelli perché crediamo in una morale oggettiva, una morale che ci supera e a cui facciamo riferimento. Se io pure avessi mille amanti, direi che la famiglia è una cosa importante, e non mi sentirei ipocrita. Non sono io il modello, ma c’è una legge morale che permette di capire cosa e bene e cosa non lo è.
Il grande pensatore cattolico Romano Amerio lo ha detto bene: “La morale di situazione è dunque incompatibile con l’etica cattolica. Questa infatti ammette un quid ostacolante e limitante che fronteggia la coscienza e davanti a cui si deve arrestarsi perché è un quid inviolabile. Né si può parlare di morale dinamica contrapposta a una morale statica. Se si riguarda la legge, la morale è immobile. Se si riguarda la coscienza essa è sì dinamica, ma perché si attua in un continuo sforzo per conformarsi e assoggettarsi all’immobile legge”. Il peccatore crede a quel quid inviolabile proprio perché sa di averlo violato. Il corrotto, l’ipocrita, lo rimuove.
Ancora Amerio: “E qui conviene formulare la legge stessa della conservazione storica della Chiesa, legge che è insieme il criterio supremo della sua apologetica. La Chiesa è fondata sul Verbo incarnato, cioè su una verità divina rivelata. Certo le sono date anche le energie sufficienti a pareggiare la propria vita a quella verità: che la virtù sia possibile in ogni momento è un dogma di fede. La Chiesa però non va perduta nel caso che non pareggiasse la verità, ma nel caso che perdesse la verità. La Chiesa peregrinante è da sé stessa, per così dire, condannata alla defezione pratica e alla penitenza: oggi la si dice in atto di continua conversione. Ma essa si perde non quando le umane infermità la mettono in contraddizione (questa contraddizione è inerente allo stato peregrinale), ma solo quando la corruzione pratica si alza tanto da intaccare il dogma e da formulare in proposizioni teoretiche le depravazioni che si trovano nella vita”. Insomma, Luxuria: noi non annunciamo noi stessi, ci mancherebbe, ma qualcosa che ci supera e di cui spesso non siamo degni. Invece di giudicare preghi per noi, come faremo noi ad invicem. Penso che di pregare, ne abbiamo tutti bisogno.
Aurelio Porfiri
La Nuova Bussola Quotidiano, 19 maggio 2018