La senatrice Emma Bonino ha affermato nei giorni scorsi come è suo solito una chiara fake news: la difficoltà in Italia di abortire per la mancanza di medici non abortisti, ma i numeri dimostrano incontrovertibilmente il contrario.
In Italia, abortire, non è affatto un’impresa come affermato la citata relazione del Ministro della salute per quanto riguarda il 2016. Si nota: “una sostanziale stabilità del numero dei non obiettori nel corso dei quasi 40 anni di applicazione della legge, a fronte di un più che dimezzamento delle IVG. A conferma di ciò, i dati suggeriscono che, nella maggior parte di questi casi, il numero dei non obiettori risulta superiore a quello necessario a rispondere adeguatamente alle richieste di IVG, e quindi una parte dei non obiettori viene assegnata ad altri servizi”(Ivi, p. 52). Più precisamente, se ogni ginecologo non obiettore nel 1983 praticava 3,3 aborti a settimana, nel 2016 a suo carico se ne contavano 1,6 a settimana in media: sempre troppi, visto che parliamo di vite eliminate, ma è falsa la scusante del superlavoro. Il carico di lavoro, pur non essendo omogeneo in tutte le regioni è di 0,4 aborti a settimana in Valle D’Aosta, 0,5 in Sardegna, 1,8 in Lombardia, 3,0 in Puglia, 3,1 in Toscana, 3,8 in Lazio, 4,1 in Umbria, 4,7 in Molise, 6.3 nelle Marche, 7,5 in Veneto, 8,5 in Emilia-Romagna, 18,2 in Sicilia, non è certo stressante.
Una doverosa precisazione. A pagina 11 della seconda edizione della “Guida Tecnica e Procedurale per l’Aborto Sicuro” pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità si legge: “In base allo stadio della gravidanza, l’aborto mediante aspirazione richiede da 3 a 10 minuti per essere completato”. Aggiungendo altri venti minuti per le attività successive e preparatorie, un medico può eseguire due aborti all’ora. Un ginecologo a tempo pieno lavora 38 ore alla settimana per 44 settimane, cioè 1672 ore annuali. Nel 2016 ai 1.408 ginecologi non obiettori è corrisposto un carico di 96.578 aborti, pari a 68,6 aborti all’anno per ciascuno. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere.
Per quanto riguarda le strutture, prendendo come esempio la Lombardia, una regione da decenni guidata dal centro-destra che ha sempre rispettato il diritto della donna ad abortire, si praticano interruzioni della gravidanza in 62 delle 97 strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia esistenti, pari al 63,9 per cento di tutte le strutture.