Anche il bastione irlandese è caduto. Il mondo laicista esulta per il risultato del referendum irlandese che ha visto prevalere nettamente l’abrogazione della norma della Costituzione che garantiva il diritto alla vita del nascituro. L’umiliante sconfitta del Cattolicesimo irlandese. Tutto questo si tradurrà in migliaia di vite umane che verranno distrutte attraverso la pratica abortiva. Ma, come ai tempi di San Patrizio, bisognerà ripartire da una nuova evangelizzazione.
E così anche il bastione irlandese è caduto. Il mondo laicista esulta in modo particolarmente euforico per il risultato del referendum irlandese che ha visto prevalere nettamente, al di là di ogni peggiore previsione, l’abrogazione della norma della Costituzione che garantiva il diritto alla vita del nascituro.
L’esultanza e la soddisfazione va ben oltre i confini irlandesi: anzi, i primi commenti euforici vengono proprio da Paesi europei ed extra europei che sognavano da anni la “modernizzazione dell’Irlanda”, ovvero, detto in termini più netti, l’umiliante sconfitta del Cattolicesimo irlandese, visto come l’ultimo residuo di un mondo di princìpi e di valori fondati sul Cristianesimo.
Il segno di una radicale modernizzazione dell’Irlanda che dà al paese la definitiva emancipazione dal suo retaggio, dalla sua tradizione e identità cattoliche. Questo referendum era stato presentato nelle scorse settimane come un confronto decisivo tra le forze del progresso, che avevano la loro parola d’ordine nel termine tolleranza, e le forze della reazione, oscurantiste e bigotte.
Alla fine, evidentemente, tra gli irlandesi ha prevalso l’idea di una società libertaria, fondata sull’assoluta autodeterminazione affettiva, sul principio- appunto- di tolleranza massima verso qualunque scelta in campo sentimentale e di stile di vita
I rappresentanti del movimento Pro Life irlandese hanno parlato di una tragedia di proporzioni storiche.
E’ proprio così: da oggi l’Irlanda è cambiata, una terribile bruttezza è nata. Il risultato è doloroso, soprattutto perché si tradurrà in migliaia di vite umane che verranno distrutte attraverso la pratica abortiva, ma se è vero che il bastione del vecchio cattolicesimo irlandese è caduto, restano elementi importanti da non trascurare e da valorizzare.
Anzitutto, è emerso un grande popolo della vita, attivo, motivato, consapevole del proprio compito e delle proprie responsabilità. Un popolo che è andato con coraggio allo scoperto, fuori dalle sagrestie ormai desertificate.
Se era ancora abbastanza diffusa l’idea dell’Irlanda come un Paese devoto, attaccato in modo appassionato alla Fede per difendere la quale fu a lungo perseguitato, in realtà questa bella Irlanda oleografica non c’è più. La società irlandese attuale si è avviata a diventare una delle “società liquide” della post modernità, con una classe politica alla rincorsa di ogni possibile espressione del politically correct.
Si può dire che questo voto porti ad una “normalizzazione” dell’Irlanda, ad una sua omologazione col resto dell’Europa secolarizzata. Addirittura la riporta indietro di 100 anni. Fu per una società di questo tipo che combatterono gli eroi del ’16? Sembra un paradosso, ma dopo aver tanto a lungo lottato per l’indipendenza l’Irlanda attuale sembra tornata ad essere un paese colonizzato. Colonizzato da tutte le mode politiche e culturali che vengono dall’esterno, e non solo dall’Inghilterra.
A che è valsa, allora, tanta sofferenza, se il destino dell’Irlanda era quello di diventare una piccola, simpatica provincia periferica di un mondo globalizzato? Per non rendere vano tutto questo, l’Irlanda deve ritrovare la propria anima.
Oggi è il tempo di ripartire da zero, in una Europa che sta diventando neopagana, e in cui non bisogna aspettarsi più niente dalle istituzioni politiche, ma in cui bisogna lavorare nel deserto, nell’ostilità, tra lo scherno. Come ai tempi della prima evangelizzazione, come ai tempi di san Patrizio sarà una lotta difficilissima, come quella che portò all’indipendenza dopo secoli di battaglie e sofferenze.
Occorre battersi ancora, e battersi meglio.
Paolo Gulisano
La Nuova Bussola Quotidiano, 26 maggio 2018