Il caso è nato dopo che il giornale di centrosinistra Falter ha pubblicato alcune foto in cui alcuni bambini in uniforme rievocavano dentro a una moschea di Vienna la battaglia di Gallipoli, quella in cui l’impero ottomano sconfisse gli eserciti di Francia e Regno Unito nel 1915.
Lo scandalo, che negli ultimi giorni è stato molto ripreso dai media austriaci, è stato l’occasione che il cancelliere Kurz aspettava per attuare la legge sull’islam. Proprio Kurz, in veste di ministro per l’Integrazione, aveva fatto approvare nel 2015 un provvedimento che vieta ai gruppi musulmani in Austria di ricevere finanziamenti stranieri e impone loro “un atteggiamento aperto e positivo verso la stato”. Con l’accusa di violazione di questa legge, l’esecutivo ha disposto la chiusura di quattro moschee a Vienna, due in Alta Austria e una in Carinzia.
“In Austria non c’è spazio per le comunità parallele”, ha detto Kurz che ha anche annunciato l’espulsione di alcuni imam dell’associazione Atib, l’unione turco-islamica che gestisce la moschea viennese teatro della rievocazione. Il conservatore Kurz è arrivato al governo a dicembre dello scorso anno e assieme all’FpÖ di Heinz-Christian Strache, leader populista e di posizioni euroscettiche, ha promesso una rigida politica di rimpatri. E mentre dalla Turchia, Erdogan accusa l’Austria di razzismo e promette provvedimenti, Strache, l’uomo forte del governo avverte: “Questo è solo l’inizio”.
Il Foglio, 8 Giugno 2018