Due operatrici impegnate nell’assistenza alle donne vittime di tratta accusano il neo ministro di mentire agli italiani. Ci si aspetterebbe che il palpitante appello di chi ha speso una vita a soccorrerle, rivolto a un nuovo governo, fosse a fermare finalmente la tratta.
Viviamo da anni sotto il ricatto morale dell’accoglienza. Gli emigranti irregolari arrivano senza visto, senza documenti, illegalmente, per il viaggio in clandestinità si rivolgono a organizzazioni criminali, per di più quasi tutti mentono all’arrivo sul motivo per cui hanno lasciato il loro paese e addirittura forniscono false identità. In nessun paese al mondo si entra a queste condizioni con la garanzia di essere ospitati e bene accolti. In Italia si.
Tra il 2015 e il 2017 sono sbarcati in Italia più di 454.000 stranieri irregolari. Per loro è stato creato un nuovo, complesso apparato assistenziale che provvede ai loro bisogni: le cure mediche necessarie, alloggio, vestiario, vitto, denaro per le piccole spese, trasporti, attività del tempo libero, opportunità di frequentare gratuitamente corsi di lingue e di avviamento al lavoro.
83.970 di loro hanno chiesto asilo nel 2015, 123.482 nel 2016 e 130.119 nel 2017. Lo hanno ottenuto solo 3.555 nel 2015, 4.940 nel 2016 e 6.578 nel 2017. Ma ai richiedenti respinti è data facoltà di ricorrere in appello e in cassazione usufruendo del gratuito patrocinio e poichè le spese legali sono sostenute dallo Stato italiano quasi tutti presentano ricorso prolungando in questo modo di anni il diritto di risiedere in Italia, fino alla sentenza definitiva.
Poi quelli a cui lo status di rifugiato è negato dovrebbero essere rimpatriati e a maggior ragione dovrebbero esserlo, e in tempi brevi, gli emigranti che non presentano richiesta di asilo. Né gli uni né gli altri sono profughi, per raggiungere l’Italia hanno violato leggi nazionali e internazionali, gravano per miliardi di euro ogni anno sul bilancio nazionale senza prospettive di integrazione economica e quindi neanche sociale.
Al tempo stesso si dovrebbero esigere iniziative nazionali e internazionali che impediscano la partenza di altri irregolari: controlli alle frontiere, caccia ai contrabbandieri di emigranti, arresto dei clandestini intercettati lungo le rotte e loro rimpatrio.
A impedirlo, o per lo meno a ostacolarlo, interviene il ricatto morale che consiste nel presentare gli emigranti irregolari diretti verso l’Italia come vittime di un mondo spietato, gli ultimi degli ultimi, i reietti del pianeta: loro non hanno alternativa – si dice – devono andarsene se vogliono vivere e sperare e noi non abbiamo alternativa, li dobbiamo accogliere.
Solo che non è vero. Gli ultimi degli ultimi sono i 60 milioni di profughi assistiti dall’Acnur, i milioni di persone colpite da carestia a rischio di morte per fame, gli oltre 200 milioni di cristiani perseguitati per la loro fede, i malati psichici e gli albini, in Africa, i fuori casta, in India…
Alla volta dell’Italia invece partono, non per fame né in fuga per la vita, dei giovani convinti di trovarci l’Eldorado, disposti a spendere migliaia di dollari per raggiungerlo: in Italia è tutto gratis, in Italia si guadagnano tanti soldi. “Qui la gente non parte perché non ha niente – diceva già nel 2015 il ministro dei senegalesi all’estero, Souleymane Jules Diop – se ne va perché vuole di meglio e di più”. I governi di altri stati africani lo confermano. Le Conferenze episcopali africane esortano i giovani a rimanere nei rispettivi paesi, a mettere a frutto in patria i propri talenti.
È di loro, dei giovani allettati dalla prospettiva di una vita comoda, inoperosa, priva di responsabilità e di doveri, che parlava il ministro dell’interno Matteo Salvini quando ha detto “i regolari e gli onesti non hanno niente da temere, mentre per i clandestini è finita la pacchia”: una “pacchia” destinata a finire comunque prima o poi, lasciando quei giovani senza futuro, perchè è insostenibile, oltre che immorale e ingiusto, un sistema di accoglienza permanente che provveda per sempre a un numero per giunta crescente di persone.
Ma ecco che fraintendendo le parole e le intenzioni del ministro qualcuno insorge. Come osa il ministro descrivere come una “pacchia” la vita di persone costrette “a lasciare il proprio Paese per l’indubitabile insostenibilità della loro situazione dovuta a ingiustizie, povertà, corruzione, impossibilità di costruirsi un futuro, nonché a motivo di conflitti armati”?
E poteva mai mancare la conclusione: “Fattori in cui l’Occidente ha enormi responsabilità”.
A scrivere in questi termini al ministro Salvini sono due operatrici impegnate nell’assistenza alle donne vittime di tratta. Nella lettera aperta accusano il neo ministro di mentire agli italiani, di mirare a scatenare una guerra tra poveri. “È nostro dovere – dicono, per l’autorita conferita loro dal fatto di aver dedicato la vita a liberare donne schiavizzate dalla tratta – spiegare forte e chiaro lo stato reale delle situazioni. Ed è altrettanto chiaro dovere delle istituzioni ascoltare chi ha competenze solide sui temi sociali. Dunque è anche un suo dovere, signor ministro”.
È almeno da 30 anni che in Italia arrivano giovani donne vittime di tratta, costrette a prostituirsi. Qualcuna viene liberata, poche sul totale, se di liberazione si può parlare perchè quasi tutte restano segnate, ferite per sempre nel corpo e nella mente dalle esperienze patite.
Ci si aspetterebbe che il palpitante appello di chi ha speso una vita a soccorrerle, rivolto a un nuovo governo, fosse a fermare finalmente la tratta, a qualsiasi costo, affinchè in Italia di vittime di tratta non ne arrivi più nessuna.
Anna Bono
La Nuova Bussola Quotidiano, 6 giugno 2018