Nel Paese del “vietato vietare” dove ogni desiderio è “diritto”. Nel Paese dove molti vorrebbe eliminare ogni proibizionismo, e poi ipocritamente si meravigliano che la seconda causa di morte dei giovani è “il suicidio”. Nel Paese dove i ragazzi già a undici anni sniffano coca, si sta diffondendo a seguito della legge 246 del 2016 che autorizzò la coltivazione di cannabis con una soglia di THC (o tetraidrocannibiolo) fino allo 0,6%, la vendita della cosiddetta “cannabis light”, quella che non superi appunto lo 0,6% di THC, sostanza psicoattiva presente in questa droga. E, nel giro di pochi mesi, in Italia sono già presenti oltre 700 “canapa shop”, negozi che commerciano cannabis spesso venduta a minori e non assieme alla marijuana. Un business economico in continua espansione che ringrazia il governo Gentiloni ma preoccupa genitori, educatori e medici.
A questo punto la domanda più logica riguarda “i danni” che la cannabis light produce sui consumatori. Secondo gli anti-proibizionisti, questa droga assunta nella misura prevista dalla legge non genera effetti collaterali; al massimo un minimo rilassamento che secondo loro giova alla salute. Contrario è il giudizio della comunità scientifica che mediante esperti nel settore hanno evidenziano i danni che provoca il prodotto. Inoltre, il Consiglio Superiore della Sanità, in un parere di alcuni giorni fa, rispondendo ad alcuni quesiti posti dall’ex ministro della salute B. Lorenzin, è stato lampante. Per quanto riguarda i pericolosi per la salute “riteniamo che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, non può essere esclusa poiché la biodisponibilità di THC anche a basse concentrazioni non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura”. Anche perchè il consumo “avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”. L’Organismo consultivo-tecnico del Ministro della Salute aggiunge un’altra importante osservazione: “non appare in particolare che sia stato valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’ assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)”. Una chiarezza, già espressa precedentemente dal parere di illustri clinici che riportiamo come approfondimento.
A questo punto la conclusione dovrebbe essere logica anche agli anti-proibizionisti che hanno visto nella “cannabilis light” il primo passo verso la cannabilis libera per tutti e senza vincoli. I canapa shop vanno chiusi il più velocemente possibile.
Ciò che ci preoccupa è l’apatia e la superficialità del ministro della salute Grillo, che imprudentemente e populisticamente ha dichiarato a La Stampa del 21 giugno: “Quella del Css è una conclusione un po’ forte. Sinceramente il divieto di vendita sarà tutto da valutare. La quantità di sostanza attiva è molto bassa. Agli italiani che ieri hanno letto un po’ di notizie allarmistiche dico comunque di stare tranquilli”.
Signor Ministro, da medico, non sappiamo se “ci è o ci fa”. Quello di cui siamo certi è che Lei sta giocando vigliaccamente con la salute e il futuro dei giovani, rischiando di rovinare la loro vita non volendo esercitare con rigore un ruolo scomodo (e anche un impopolare). Legga i nostri approfondimenti, o meglio quelli dei suoi colleghi che hanno alle spalle anni di esperienze nel settore; forse la convinceranno a mutare la sua errata opinione.
Don Gian Maria Comolli
Don Gian Maria Comolli