La cattolica condannata a morte per blasfemia è stata arrestata il 19 giugno 2009 in Pakistan. Intervista al suo avvocato Malook: «Spero che la Corte Suprema arrivi a sentenza quest’anno».
«Asia Bibi è in carcere ormai da nove anni e io penso sempre alle sue figlie, che crescono senza la madre, in particolare a una che soffre di esaurimento nervoso e avrebbe bisogno di lei». Parla così a tempi.it Saiful Malook, coraggioso avvocato musulmano di Asia Bibi, nel nono anniversario dell’arresto (19 giugno 2009) per false accuse di blasfemia in Pakistan. La madre cattolica entra oggi nel suo decimo anno di prigionia per aver bevuto un bicchiere d’acqua e aver rifiutato di convertirsi all’islam. Condannata in primo e secondo grado all’impiccagione, se la Corte Suprema non ribalterà il verdetto sarà la prima volta che nel paese viene impiccata una donna per blasfemia.
NESSUNA NOTIZIA SUL PROCESSO. È da quasi due anni, dal 13 ottobre 2016, che si attende l’udienza finale del processo ma la Corte Suprema continua a rimandare il caso. Il Tribunale è oberato di istanze legali e alcuni magistrati si rifiutano di far parte del collegio giudicante per paura di essere uccisi dagli estremisti islamici che non accettano altro verdetto per Asia Bibi che non sia la condanna a morte. A fine aprile Malook aveva dichiarato a tempi.it di essere stato convocato dal presidente della Corte Suprema, Mian Saqib Nisar: «Mi ha detto di tenermi pronto, perché la data sarà fissata presto: parliamo di giorni questa volta, non di mesi».
Ora ammette di «non aver più ricevuto alcuna notizia» ma resta fiducioso: «Spero che quest’anno venga finalmente ascoltato il suo ricorso in appello e che Asia Bibi ottenga giustizia dalla Corte Suprema del Pakistan, così che possa finalmente essere riunita alle sue figlie», continua.
NEANCHE “NOI” LA DIFENDIAMO. Quello di Asia Bibi è un caso che non riguarda solo i cristiani, ma tutta Europa, come ci ha spiegato settimana scorsa il giornalista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista: «Asia Bibi è una donna dimenticata dalla corrente mainstream perché è cristiana e quindi secondo la vulgata manichea per cui il mondo si divide in buoni e cattivi, è troppo poco “buona” per essere difesa da noi che siamo cattivi, che abbiamo la fobia della difesa della nostra identità e quindi del retaggio religioso perché ogni nostra definizione potrebbe diventare un’offesa verso l’altro; ogni difesa della nostra identità venire letta come una forma di sciovinismo culturale, di supremazia, mentre l’identità altrui è sempre ricchezza, da difendere e per cui lottare. Perché chi grida pietà per tutti i migranti non si impietosisce davanti a una donna e madre condannata per non aver fatto nulla? Il silenzio svela tutta la nostra ipocrisia e doppiezza morale».
Leone Grotti
Tempi.it, 20 giugno 2018