Una decisione storica, «prevedibile a rigore di logica, ma non scontata». Così Mario Esposito, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università del Salento, uno degli avvocati che hanno patrocinato presso la Corte Costituzionale il ‘Comitato per il No’ all’omicidio del consenziente, commenta a caldo la decisione della Consulta, che ieri sera ha dichiarato l’inammissibilità del referendum cosiddetto ‘sull’eutanasia’.
La Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum proposto dall’Associazione Luca Coscioni sulla legalizzazione dell’eutanasia. Ma i pericoli per i più fragili e vulnerabili della nostra società continuano ad esistere e sono contenuti nel “Testo Unico” sul suicidio assistito in discussione in Parlamento.
Una prova della positività nel rigetto, in Italia, del Referendum sull’eutanasia? Arriva dalla Nuova Zelanda, dove almeno 32 persone sono morte, proprio tramite questa pratica, nei tre mesi da quando è diventata legale. Un ucciso ogni 3 giorni e lo chiamano successo!
Come evitare che l’offerta della morte assistita crei una ulteriore “domanda”, soprattutto tra pazienti più fragili, depressi, soli? Non si può. Più è garantita da Stato e medici, più gente si toglie la vita
«È folle pensare che il rispetto della vita debba essere propugnato solo dai cattolici. La pregiudiziale religiosa non c’entra proprio nulla». Ex sessantottino, già docente di Diritto dellavoro all’Università di Perugia, Siro Centofanti ha presieduto il «Comitato umbro per il ‘no’all’uccisione della persona, pur se consenziente ».
C’è una «tutela minima» della vita umana che è «costituzionalmente necessaria» e il caterpillar referendario armato da quanti avrebbero voluto
spalancare quasi integralmente le porte all’omicidio del consenziente l’avrebbe fatta a pezzi.
Per la Consulta «non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili». La soddisfazione della Cei e del Comitato per il No