Intervista con il prefetto della Segreteria per l’Economia padre Juan Antonio Guerrero Alves.
A proposito del dibattito che sta dividendo preti e laici in questi giorni, al punto che si afferma che i sacramenti, e la S. Messa in particolare, non è necessaria per la nostra vita e salvezza eterna, ma si può sostituire con altro (S.Scrittura, Preghiere ecc.), innanzitutto vanno ricordate le parole di nostro Signore Gesù Cristo: “In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perchè la mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui”(Gv 6,53-56).
Il regalo più bello per i suoi 93 anni Ratzinger l’ha ricevuto da un giornalista tedesco, Peter Seewald, che ha pubblicato la più grande biografia del papa: Benedetto XVI, una vita (uscito da pochi giorni in Germania, in autunno la pubblicherà in italiano Garzanti). Un’opera molto vasta (pp.1184), alla quale il giornalista ha lavorato alcuni anni. Corrisponde alla gigantesca Vita di Giovanni Paolo II, pubblicata dal giornalista americano George Weigel (Mondadori, pp. 1290).
Benedetto XVI, un dissidente come Solgenitsin. Il crollo della propria Chiesa, il Mondo Nuovo, l’Europa post-europea, un Islam rinvigorito, il nichilismo strisciante, le scosse del ’68 e l’insurrezione neo-marxista. Storia di un Papa nel libro di Giulio Meotti.
«Siamo come rimasti ingabbiati nella questione “Messe sì, Messe no”. Tema rilevante, non c’è dubbio. Ma la Chiesa italiana dovrebbe allargare gli orizzonti. E chiedersi quale contributo, in particolare di pensiero, è chiamata a dare per la “rinascita” dell’Italia».
Durante le esequie di Giovanni Paolo II si sono affacciate alla mia mente le immagini di tante celebrazioni all’aperto, anche sotto la sferza del sole oppure flagellate dall’inclemenza degli elementi, con la partecipazione di moltitudini di fedeli stretti attorno al Papa nei numerosi viaggi intercontinentali che, per suo incarico, ho avuto l’onore e l’onere di organizzare. Nelle acclamazioni, non usuali per un rito funebre, che più volte hanno interrotto l’omelia pronunciata dal card. Ratzinger, mi è sembrato di cogliere l’eco delle tante feste di popolo alle quali ho assistito sotto le latitudini più diverse. Mi è sembrato di rivedere i volti delle persone semplici, ma di fede viva, particolarmente di quelle che vivono in condizioni disagiate, che con tanto calore gli dimostravano il loro affetto.
Fu nella cattedrale di Czestochowa, davanti a tutti i vescovi del Paese, che Giovanni Paolo lanciò il suo primo solenne appello all’«unità fondamentale» del Vecchio Continente, malgrado l’allora profonda divisione ideologica tra est e ovest. Quel giorno il fondamento unitario da lui indicato, alla luce della storia, era anzitutto quello spirituale d’ispirazione cristiana, perché «le sole ragioni economiche e politiche non sono in grado» di garantire unità e stabilità.
Presidente il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, vicepresidente Stefania Falasca, vaticanista di Avvenire e vicepostulatrice della causa di canonizzazione in corso del Pontefice bellunese.