DOCTOR PHILOSOPHIAE
(L. Fides, THE DOCTOR – 1887, National Gallery of British Art, London)
GLI OPERATORI SANITARI A SCUOLA: DI SAPIENZA, DI UMANITA’ E DI UMILTA’
“L’attività medico-sanitaria si fonda su una relazione interpersonale, di natura particolare essendo un incontro tra una fiducia e una coscienza. La fiducia di un uomo, segnato dalla sofferenza e dalla malattia perciò bisognevole, che si affida alla coscienza di un altro che può farsi carico del suo bisogno e che gli va incontro per assisterlo, curarlo, guarirlo” (Pontificio Consiglio per la Pastorale della Sanità, Carta degli Operatori Sanitari, n.2).
La citata frase della “Carta degli Operatori Sanitari” sarà la “filigrana” che guiderà questo testo di “medicina umanistica” che si pone come obiettivo di favorire il potenziamento della prassi assistenziale affinché si collochi “la totalità” dell’uomo malato al centro della cura e dell’organizzazione aziendale memori di un’ espressione incisa all’ingresso di un antico ospedale parigino: “Se sei malato vieni e ti guarirò, se non potrò guarirti ti curerò, se non potrò curarti ti consolerò”.
Per offrire una ”cura umanistica” è irrimandabile un “salto di qualità” di medici, infermieri, fisioterapisti… acquisendo una metodologia che intersechi le componenti tecnico-scientifiche con quelle antropologiche-umanistiche ed etico-religiose.
Questo traguardo, che i nostri malati implorano insistentemente, necessita una “rinnovata formazione” contenutistica e metodologica sia nei corsi universitari sia nei percorsi di formazione permanente. Una formazione multidisciplinare che predisponga tutti “al sapere” (conoscenza), “al saper fare” (abilità tecnica) e “al saper essere” per donare al sofferente non unicamente il “to cure” (diagnosi e terapia) ma anche il “to care” (la cura), cioè l’attenzione al dolore integrale. Unicamente questa prassi trasformerà l’operatore sanitario nel sapiente “doctor philosophiae” ben interpretato dall’affresco posto in cima al testo: “The doctor” del pittore inglese Luke Fildes, così commentato da un illustre luminare della tarda età vittoriana: “Tutta una biblioteca non farebbe ciò che questo quadro ha fatto e farà per la professione medica: rendere il cuore del nostro prossimo familiare e caro a noi”. E poi l’esortazione: “Qualsiasi sia il grado raggiunto nella tua professione, ricordati sempre di tenere di fronte la figura del quadro di Fildes, ed essere al tempo stesso un nobiluomo e un nobile medico”. E, noi aggiungiamo, “un nobile operatore sanitario” qualsiasi mansione eserciti, poiché nella cura, al di là dei mansioni e delle responsabilità, tutti sono considerevoli e rilevanti.
L. Fildes, dipinse il quadro nel 1887 su richiesta di Henry Tate che lasciò al pittore la massima libertà sul soggetto della tela. A Fildes, nella notte di Natale del 1877 morì il figlio Philip, e dalle testimonianze apprendiamo che fu impressionato positivamente dal medico curante per la sua dedizione professionale ed umanità. Nel dipinto, notiamo la stanza di una famiglia povera, un medico pensieroso e preoccupato, una bambina gravemente malata e due genitori affranti. Di grande interesse sono anche la lampada che illumina la camera, la tazzina sul tavolo e la luce dell’alba che penetra dalla finestra. Questi elementi potrebbero significare che il medico è presente da alcune ore, o forse, ha trascorso la notte al capezzale della sua paziente. Si interrogò la rivista scientifica “The Lancet”: “Il dottore, da un punto di vista medico, non può fare nulla di più per salvare la bambina. Allora perché è ancora lì? Può soltanto rimanere vigile, guardando il respiro lieve della piccola che si affievolisce”.
Consegno questo Manuale a tutti gli operatori sanitari affinché sappiano stipulare con ogni ammalato ”un’alleanza terapeutica” che non ricerchi unicamente il bene fisico ma anche quello psicologico, sociale e spirituale, valorizzando l’autonomia, e riscoprendo il reciproco senso di fiducia in un clima di umana solidarietà.
Tre note introduttive.
-Nel testo saranno sviluppati ampi riferimenti alla Dottrina Cattolica evidenziando i vari documenti riguardanti l’uomo, la vita e la cura, riassumibili nella frase di sant’Ireneo: “L’uomo vivente è gloria di Dio”. Non saranno trascurati, però, contributi e pareri di atei o agnostici, convinto che la Chiesa non possiede riguardo alcuni argomenti l’assolutismo di pensiero ma solo una propria opinione che trova l’ origine nel Vangelo che “riempie il cuore e la vita intera di coloro che s’incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (Papa Francesco, Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” n. 1). Per evitare fraintendimenti o interpretazioni ambigue, vorrei rilevare che la propria idea va difesa con argomentazioni non unicamente religiose ma anche filosofiche, scientifiche e razionali, “senza paura ma senza rinunciare alla nostra appartenenza” (Papa Francesco, Discorso al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, 14 ottobre 2013).
Ritengo, inoltre, che a riguardo dei problemi fondamentali della cura che a volte investono anche la sfera etica e bioetica, l’accordo nella società è più vasto di quanto possa apparire se non ci si sofferma unicamente ad alcuni aspetti critici. Interessante è questa affermazione di U. Bobbio del 1981, fatta in occasione del referendum indetto per l’abrogazione della legge sull’aborto: “Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il ‘non uccidere’. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere” (Corriere della Sera, 8 maggio 1981, pg. 8).
-Il testo è diviso in quattro sezioni.
Nella prima sono descritte alcune “colonne portanti” della professione sanitaria da porsi accanto ad una rigorosa formazione scientifica. La prima colonna è quella “antropologica” che pone un l’interrogativo imprescindibile: “Chi è l’uomo?”, poiché dalla risposta scaturirà il rapporto che si vorrà instaurare con il sofferente.
Nella seconda sono evidenziati degli elementi specifici per una medicina che curi “la persona” prima del paziente, concludendo mostrando il contributo specifico della “medicina narrativa”, rispondendo all’invito di Shakespeare: “Dalla voce al dolore”.
Nella terza, la riflessione si sposterà sulla spiritualità e religiosità del malato che purtroppo nella realtà sanitaria italiana è spesso trascurato a causa di convinzioni erronee, retrograde e strumentalizzate.
Nella quarta, si esamineranno gli aspetti organizzativi ed economici, non tralasciando i diritti dei malati a volte calpestati da atteggiamenti non rispondenti alle loro attese.
-Nel testo mi sono avvalso anche del materiale già pubblicato nel testo “Compendio di Pastorale della Salute. Tutto esordisce con il Vangelo” (Editoriali Romani 2018) e nel “Manuale di Bioetica per tutti (on line). Materiale in parte rielaborato e attualizzato in base alle tematiche che saranno affrontate e al target di riferimento di questo corso.
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